venerdì 22 settembre 2023

Altroconsumo. Limite di velocità in città a 30 km/h: traffico più regolare e meno incidenti.

A molti sembrava un’enorme cavolata quella di ridurre il limite di velocità in città da 50 a 30 km/h. In realtà, i dati dicono che ci sono grandi vantaggi in termini di sicurezza, qualità dell’aria, mobilità sostenibile, spazi verdi, tranquillità dei cittadini.

Il 73% degli incidenti avviene su strade urbane. L’80% dello spazio pubblico all’aperto in città è dedicato alle automobili, che in Italia sono oltre 39 milioni. Su 166mila incidenti contati dall’Istat nel 2022, ben il 73%, è avvenuto su strade urbane. Le vittime sono soprattutto pedoni e coloro che si spostano in bici, monopattino o ciclomotore. I cosiddetti “utenti vulnerabili”. La probabilità di morte a seguito di un incidente stradale è per i pedoni 4,4 volte più alta (per i motociclisti 2,5 volte, per i ciclisti e per chi va in monopattino 1,9 volte maggiore) rispetto a quella di chi occupa un posto in automobile.

Il 70% di incidenti in meno. Cos’hanno fatto di speciale città come Oslo, Bruxelles, Parigi, Londra, Bilbao, Helsinki, Edimburgo, Amburgo per veder crollare sulle loro strade il numero di incidenti, morti e feriti? Si sono convertite al modello “Città 30”, dove 30 sta per limite di velocità di 30 km/h. In Danimarca, per esempio, la riduzione di incidenti in tre anni nelle Zone 30 è stata del 77% e dei feriti addirittura dell’88%. A Londra il calo di incidenti è stato del 40% e dei feriti del 70%.   

Il ritardo dell’Italia

E in Italia? Le sperimentazioni sono state molte, in Comuni grandi e piccoli, anche se spesso limitate ad alcune zone. Spetta a Olbia la palma di prima Città 30 italiana (dal 2021). Tra i grandi centri urbani è invece Bologna ad aver battuto sul tempo tutti gli altri: la riduzione di velocità da 50 a 30 km/h sulla stragrande maggioranza delle sue strade è partita dallo scorso luglio. Milano forse ci proverà nel 2024. Nel frattempo, è stato depositato alla Camera il disegno di legge proposto dalla piattaforma di associazioni #citta30subito (Legambiente, Fiab, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, ANCMA, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, AMODO), affinché il modello sia adottato in tutta Italia. Precedentemente a favore delle Città 30 si era espresso il Parlamento europeo, attraverso la risoluzione del 6 ottobre 2021. Anche l’Onu ha dato man forte, lanciando la campagna Streets for life #Love30.

Obiezioni senza fondamento

Allora tutti d’accordo? Macché. Ogni volta che un provvedimento Zona 30 viene adottato si solleva un vespaio di polemiche e di voci contrarie. L’iniziativa viene bollata come assurda e controproducente. Chi va oltre gli insulti azzarda argomentazioni del tipo: «È un limite inutile perché nessuno lo rispetta», «con il limite di 30 km/h si perde troppo tempo», «il limite 30 dà un falso senso di sicurezza ai cittadini, i quali saranno meno attenti e provocheranno più incidenti gravi». Sono tutte obiezioni facilmente smontabili con i dati e con l’esperienza dei centri urbani in cui le Zone 30 sono da tempo una realtà.

In tutti casi c’è stata una diminuzione di incidenti, di morti e di emissioni inquinanti; una riduzione del rumore e del traffico; un aumento degli spazi disponibili per pedoni e ciclisti e delle aree di svago e di incontro per le persone, in cui i bambini possono giocare e muoversi senza correre rischi; un maggiore ricorso ai mezzi pubblici, all’uso di bici o dei propri piedi (incentivando così l’attività fisica e migliorando di conseguenza lo stato di salute dei cittadini); un incremento nelle vendite dei negozi di vicinato e del commercio locale, che ha contribuito a rivitalizzare i quartieri. Tutto senza significativi aumenti di percorrenza. In estrema sintesi, la qualità della vita è migliorata. Il motto «Città 30 gente contenta» – coniato da Lydia Bonanomi, l’architetta svizzera che nel 1990 ha disegnato questo modello urbanistico – è tutt’altro che uno slogan vuoto

Inversione di prospettiva

È però sul significato di Città 30 che sorgono i maggiori equivoci. C’è chi crede che per acquisire questo status basti scegliere le strade sulle quali abbassare il limite da 50 a 30 km/h e apporre in giro cartelli che vietano di superarlo. Questo è quanto di più semplicistico si possa pensare, perché Città 30 è un progetto complesso, un contenitore che comprende diversi interventi, non necessariamente onerosi, per riqualificare lo spazio pubblico, liberandolo dalle auto e restituendolo alle persone, o meglio alla comunità. 

In primo luogo, va attuato un cambio di prospettiva: non più tutte le strade a 50 km/h e solo alcune a velocità ridotta o pedonali, bensì tutte le strade a 30 km/h o pedonali e solo alcune a 50 km/h (tipicamente quelle di circonvallazione che servono a spostarsi tra una zona e l’altra della città, ma non le arterie radiali, dato che l’obiettivo è di ridurre le auto private che penetrano in città). E poi servono interventi strutturali su strade e piazze: si restringono le carreggiate, si aumenta lo spazio per i marciapiedi, per l’arredo e il verde pubblico; si cambia la conformazione dei parcheggi (e se ne riduce il numero).

 

Non è vero che si perde tempo. Non finisce qui. Bisogna incentivare la mobilità leggera, potenziare il trasporto pubblico (rendendolo più efficiente e più economico possibile) e sviluppare la cosiddetta “intermodalità” (per tutti, oltre che per i pendolari), cioè l’uso combinato di mezzi di trasporto diversi, ottimizzandone i tempi.

Come in ogni processo che presuppone un cambiamento culturale, sono cruciali sia la comunicazione (campagne informative ed educative) sia il coinvolgimento dei cittadini e degli abitanti dei quartieri nelle decisioni, affinché comprendano che Città 30 non è contro gli automobilisti bensì a favore di tutti. E che non si tratta di una condanna all’andamento lento, anzi. Oggi in una grande città come Milano la velocità media delle auto oscilla nell’arco della giornata tra i 14,8 e i 17,5 km/h.

Potrebbe sembrare un paradosso imporre il limite di 30 km/h se già si viaggia più lenti. Invece non lo è, sia perché quelle citate sono una media tra velocità molto diverse, sia perché la causa dei rallentamenti è il traffico, che costringe a continui start e stop: snervanti, inquinanti e pericolosi. Se la circolazione è più fluida, i tempi di percorrenza si riducono. Se tutti vanno piano, si arriva prima. 

Riforma del Codice della Strada: un'occasione persa

“Notiamo con rammarico che nel testo del Nuovo Codice della Strada approvato in Consiglio dei Ministri non sono presenti misure che vadano verso il modello di “Città 30 - commenta Federico Cavallo, Responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo - Questo modello di città, riducendo con interventi urbanistici la velocità e contemporaneamente incentivando il trasporto pubblico (riducendo i costi del biglietto ed aumentandone la capillarità), assicura una maggiore sicurezza per gli utenti più vulnerabili, portando al contempo ad una minor necessità di ricorrere ad automobili private e numerosi altri benefici. L’aumento delle sanzioni, infatti, non basta per aumentare la sicurezza in strada. La prevenzione si fa a livello culturale e di pianificazione urbanistica, ad esempio implementando il modello di città30”.

 

 

 

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