mercoledì 1 settembre 2021

Audi accelera verso la new mobility

La roadmap tecnologica è saldamente orientata alla mobilità elettrica e alla digitalizzazione. La Casa dei quattro anelli affronta il cambiamento investendo mezzo miliardo di euro entro il 2025 nella riqualificazione professionale dei collaboratori.

Audi sta affrontando la più radicale delle trasformazioni della propria storia aziendale. Quali sono le opportunità e le sfide legate alla transizione verso la new mobility?

Sabine Maaßen – Stiamo effettivamente affrontando la trasformazione più rilevante della nostra storia aziendale. Una trasformazione che si spinge oltre il prodotto, coinvolgendo l’intera organizzazione. Il contesto in cui operiamo sta cambiando: dal quadro delle leggi e dei regolamenti, passando per le tecnologie e i processi, i Clienti e le loro esigenze sino alle persone che lavorano con noi, tutto è in divenire. La transizione verso la new mobility richiede inedite competenze e interpretazioni del futuro. Mette in discussione le strutture collaudate: determinate funzioni, un tempo fattore di successo, oggi – e soprattutto domani – non sono più necessarie. Ecco perché dobbiamo rassicurare i nostri collaboratori. Lo facciamo adottando una strategia precisa, definendo obiettivi chiari e organizzando la nostra struttura in funzione del domani. La roadmap tecnologica è saldamente indirizzata verso la mobilità elettrica e la digitalizzazione. Ciò costituisce un punto fermo e condiviso dai nostri dipendenti, che sono e restano la risorsa più importante in questa transizione. Senza dimenticare un aspetto cruciale: plasmare la nuova mobilità sostenibile è una delle sfide più entusiasmanti del nostro tempo e richiede un atteggiamento che si nutra di coraggio, apertura mentale e determinazione. Personalmente, sono convinta che i nostri collaboratori siano già pronti per questo.

Come riuscite a trasferire questa mentalità?  Sabine Maaßen – Promuovendo la trasformazione dall’interno. I collaboratori Audi sono il vero motore del successo di domani. Affronteremo la trasformazione coinvolgendoli in ogni tematica. La trasformazione, del resto, non è un evento occasionale, ma una condizione permanente: uno stato mentale. Dobbiamo creare strutture in cui i nostri colleghi possano toccare con mano l’evoluzione del Brand e riversare nell’attività aziendale il proprio talento, le capacità, le esperienze e la voglia di crescere professionalmente. 

Signor Kühl, lei è un sociologo dell’organizzazione: quali sono i presupposti per la trasformazione di un’azienda?

Stefan Kühl – Il cambiamento delle strutture organizzative formali è un fattore decisivo. I progetti di trasformazione spesso falliscono perché considerano il solo l’aspetto “culturale”. Le aziende sperano che i nuovi valori abbiano un impatto diretto sui comportamenti, senza definire regole precise. In realtà, i processi di transizione risultano inefficaci qualora lascino immutate le strutture organizzative formali e le consuetudini di lavoro. 

Signora Maaßen, come state organizzando la trasformazione interna e in che modo state adattando le strutture organizzative formali? 

Sabine Maaßen – L’accordo quadro Audi.Future costituisce la cornice della transizione, confermando gli attuali livelli occupazionali sino al 2029. Una prospettiva che da un lato genera tranquillità nei collaboratori, dall’altro introduce un quadro vincolante in vista della riqualificazione professionale. Riqualificazione che poggia sul principio secondo il quale, se possibile, cerchiamo le figure rese necessarie dalla transizione in primis al nostro interno e solo in un secondo momento all’esterno. A tal fine, abbiamo stanziato un budget di mezzo miliardo di euro entro il 2025 per la formazione dei dipendenti e creato inedite strutture per la gestione delle risorse umane, in simbiosi con l’evoluzione della strategia aziendale. La collaborazione con i singoli reparti specializzati è stata rafforzata. Vogliamo plasmare con successo i tre pilastri della trasformazione: destrutturazione, evoluzione e ristrutturazione.

Signor Kühl, anche qualora una trasformazione venga condivisa, genera inevitabilmente conflitti e incertezze. Come consiglia di affrontare questa fase?

Stefan Kühl – Un processo di cui tutti sono entusiasti non è un processo di cambiamento corretto. Resistenze e dubbi sono parte di ogni trasformazione. La sicurezza del lavoro garantita da Audi consente di affrontare il processo evolutivo a mente aperta. Reticenze e perplessità non devono essere interpretate quali ostacoli, bensì come stimoli ad affinare il cambiamento.

Come gestirete i conflitti interni e le incertezze? Sabine Maaßen – Da un lato è fondamentale “verbalizzare” i conflitti affrontandoli a viso aperto senza vincitori né vinti. In quest’ottica rivestono un ruolo cruciale i dirigenti, chiamati a esprimere una salda leadership che accompagni i collaboratori nel processo di trasformazione. In aggiunta, alimentiamo la volontà di cambiare mediante programmi su misura che consentano ai dipendenti di comprendere in modo trasparente il livello evolutivo raggiunto dalla roadmap Audi.

Signor Kühl, come è possibile stabilire se una trasformazione abbia successo? Stefan Kühl – La cartina di tornasole del successo di una trasformazione aziendale risiede nella misura in cui i processi che coinvolgono il personale vengano strettamente associati ai cambiamenti all’interno dell’organizzazione stessa. Audi, sotto questo profilo, costituisce un caso da manuale.

Signora Maaßen, dove si colloca Audi lungo il percorso di trasformazione? Sabine Maaßen – Siamo sulla strada giusta e abbiamo già percorso un lungo cammino. Gli obiettivi sono chiari e disponiamo di un solido terreno condiviso per raggiungerli. Siamo strutturati così da proiettare tutti i nostri collaboratori nel mondo della digitalizzazione e dell’elettrificazione. Siamo esattamente al centro, temporale e funzionale, della trasformazione. Grazie alla solidità del Gruppo Volkswagen, godiamo di un chiaro vantaggio competitivo: possiamo avvalerci del know-how di molteplici brand e di una forza lavoro globale.

 

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