martedì 21 aprile 2015

Ritorna la mitica 2CV: peccato sia solo un’unica opera d’arte

 
Sembra un paradosso, ma è la realizzazione di un sogno nel cassetto di un grande artista che ha ricoperto un ruolo importante nella storia della mitica 2CV. Sarà un esemplare unico, come unica è sempre un'opera d'arte. Due i protagonisti della storia: Serge Gevin, artista, designer, grafico francese, e la 2CV. Una piccola, economica, robusta vettura ideata da Pierre-Jules Boulanger, a capo di Citroën negli anni Trenta, che così la sintetizzò ai suoi progettisti: “Voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capace di trasportare una coppia di contadini, cinquanta chili di patate  ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”.

 
Era il sintetico, colorito capitolato della futura 2CV, cui lo stilista varesino Flaminio Bertoni (uno dei tre padri della futura DS) conferirà quella linea così caratteristica, così carica di simpatia che contribuirà a fare di questo modello una delle icone della storia dell'automobile.

 
A partire dagli anni Cinquanta la piccola Citroën era entrata nel cuore dei francesi e ciascuno la personalizzava secondo il proprio gusto. Perché la “Deuche” (contrazione di  Deux Chevaux, ovvero Due Cavalli), come era stata soprannominata, non era una semplice autovettura: era una tavolozza su cui disegnare se stessi, i propri sogni, il proprio immaginario.

Una tavolozza troppo invitante per non interessare il fantasioso Serge Gevin, titolare dell'agenzia Pink che si occupava dello studio dell'allestimento degli stand Citroën nelle manifestazioni più importanti. Per certi versi ricordava Flaminio Bertoni: un artista geniale “imprestato” al mondo produttivo.
 
Proprio da un'idea artistica di Serge Gevin nacque, quasi per gioco, la prima serie speciale della 2CV, denominata Spot, la cui carrozzeria bianca – arancio riprendeva i motivi tipici delle sedie da spiaggia. Da questa versione derivò negli anni Ottanta la 2CV Charleston, declinata nelle scale cromatiche nero/giallo, nero/rosso, doppia tonalità di grigio.

Al vulcanico Serge Gevin si devono serie speciali Citroën di grande successo come la Dyane Caban, la Visa Sextant, la 2 CV Dolly … ed altre ancora.
 
È rimasta invece nel cassetto dei sogni dell'artista una 2CV davvero particolare, che lo stesso artista ci ha recentemente raccontato: “Deve essere bianca e gialla.  La scocca  bianca, i parafanghi gialli, così come il cofano posteriore e la capote. I paraurti devono essere bianchi, come le scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote. Sul bagagliaio c'è il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da marinaio ed una pipa. Guardandola, si deve pensare al cielo, al mare, al sole, alla gioia di vivere”.

Una 2CV che Citroën  Italia sta realizzando con la supervisione di Gevin in persona, partendo dalle “ceneri” di una 2CV Club del 1982.
Sarà un raggio di … Soleil per illuminare la lunga e gloriosa storia della piccola Deuche.
 
CITROËN 2CV: UNA TAVOLOZZA SU CUI DIPINGERE  I PROPRI  SOGNI A QUATTRO RUOTE
La piccola bicilindrica Citroën è tra i pochi oggetti industriali che sono divenuti icona del panorama europeo. Le sue origini vanno ricercate alla metà degli anni '30, quando un signore di nome Pierre-Jules Boulanger si concesse un periodo di vacanza in Auvergne. Boulanger aveva affrontato un'impresa piuttosto difficile: tra il 1935 e la prima metà del 1936,  era stato chiamato a raddrizzare i bilanci della Citroën che nel 1934 aveva rischiato la bancarotta per realizzare la rivoluzionaria Traction Avant, la vettura che incarnava il  sogno industriale del fondatore André Citroën. Boulanger c'era riuscito: l'azienda era in attivo  e lui poteva finalmente rilassarsi. Per farlo, scelse di trascorrere qualche giorno in Auvergne, regione vulcanica della Francia celebre per la fertilità dei suoi terreni e quindi dedita essenzialmente all'agricoltura.
 
Per scoprire che in Auvergne quasi nessuno possedeva un'automobile Boulanger ci mise un istante! Fu allora che prese uno dei suoi quadernini Moleskine, rigorosamente di colore nero, e vi scrisse “voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capaci di trasportare una coppia di contadini, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”. Aggiunse anche un sacco di altre cose: su quanto doveva essere economica, semplice, affidabile e sicura. Poi tornò in azienda e consegnò il suo taccuino al suo miglior progettista, il geniale André Lefebvre, cui affidò l'incarico di tracciare le linee dell'auto che avrebbe dovuto sostituire la coppia di cavalli che ogni contadino usava per trasportare le sue cose. Nacque così, nel 1939 la TPV (trés petite voiture, auto piccolissima) di cui Boulager fece costruire 250 diversi prototipi. Si narra, che il giorno in cui si recò alla pista prove di Citroën per visionare il lavoro dei suoi progettisti, Boulanger avesse con se una grossa busta.
Arrivato davanti al primo prototipo, si tolse il suo Borsalino ed indossò un grosso cappello da contadino che aveva comprato in Auvergne. Tutti i contadini che lui aveva visto, avevano lo stesso cappello e non se lo toglievano mai, neanche per guidare il carro con cui portavano le proprie mercanzie.
Boulanger  salì  sul  primo  prototipo.  Il  cappello cadde.  Cadde così  anche   il  prototipo.  Alla  fine,  ne rimasero una manciata. Tra quelle  fu scelta la TPV per la produzione.
La TPV del 1939 era francamente brutta: Boulanger aveva chiesto funzionalità più che bellezza. Aveva dei curiosi finestrini anteriori, divisi a metà orizzontalmente. La metà superiore restava fissa, quella inferiore si ribaltava verso l'alto, permettendo  al contadino di mettere fuori il braccio per... indicare la direzione dove voleva svoltare. Così si faceva sui carri con  i cavalli e in quell'epoca le luci direzionali (le frecce!) erano ben poco diffuse.
 
Ma siamo arrivati al 1940 e sull'Europa si addensano minacciose le nuvole della Seconda Guerra Mondiale.  Le truppe naziste  aggirano  la linea Maginot  e valicano  il  confine con la Francia.  Lo stesso giorno Boulanger da l'ordine di distruggere tutti i prototipi della TPV perché  non cadano nelle mani dei nazisti (si scoprirà solo negli anni '80 che tre prototipi sono fortunosamente sopravvissuti, nascosti sotto al tetto di paglia di un edificio del centro prove Citroën). Cinque lunghi anni passeranno prima che l'Europa trovi la pace, cinque anni durante i quali i progettisti Citroën continuano a lavorare (c'è da fare anche  la DS, oltre alla 2CV!)  e sperimentare  soluzioni  nuove.  Nel 1945  Boulanger (finalmente!)  si decide a dare alla futura 2CV un aspetto più... gentile e convoca lo stilista italiano Flaminio Bertoni cui affida il compito di rendere più gradevole l'aspetto della TPV. Bertoni (che ha disegnato la Traction e più tardi farà anche DS e AMI6) ci riesce. Fa di più: dona alla 2CV una delle sue principali caratteristiche, quella carica di simpatia che da lì in avanti ne caratterizzerà l'aspetto.
 
La 2CV del 1948 costa un po' di più di una coppia di equini, ma infinitamente meno di qualsiasi altra autovettura, poi di contadini ne trasporta ben quattro, assieme alle loro uova e patate. La sospensione, semplice e geniale, è eccellente e le uova possono felicemente attraversare i solchi del campo arato senza diventar frittata prima del tempo. Ma per gli standard del 1948 l'aspetto è comunque troppo moderno, al punto di risultare sconcertante e molti giornali tuonano contro Citroën: “nessuno comprerà mai un'auto così”.
 
Si sbagliano. E di grosso: il successo è talmente grande da stupire per primo il costruttore, che non riesce ad accontentare tutte le richieste! Viene subito diramata una circolare ai Concessionari che devono accettare ordinativi solo da chi dimostri di non potersi permettere un'auto “normale”. I primi clienti saranno quindi i contadini di Boulanger, i curati di campagna, i veterinari, i maestri di scuola. Gente che deve spostarsi ma che non ha i mezzi per comprare una Traction Avant, neanche la più economica. Anche così, la lista si allunga in maniera spaventosa e dopo pochi giorni dalla presentazione la lista d'attesa raggiunge... due anni e mezzo!
Come ogni Citroën, la 2CV non ha mai smesso di evolversi. Il motore da 375cc di cui era dotata (due cavalli fiscali, ça va sans dire) è presto passato a 425cc, per poi essere sostituito  alla fine dei '60 da un'edizione  completamente  nuova  declinata  in  due versioni  di  435  e 602cc,  quest'ultimo  è stato prodotto (assieme alla 2CV) fino al 27 luglio 1990!

Oltre cinque  milioni  tra 2CV e derivate  sono state prodotte dalle fabbriche  Citroën  tra il  1948  ed il 1990. Hanno fatto tutto e sono state dappertutto: dai deserti africani (attraversati anche con incredibili raid di massa) alle vette andine, dalle campagne dell'Auvergne ai Paesi dell'Africa centrale. Ovunque la piccola Citroën ha svolto le sue mansioni, accompagnando (senza fretta) generazioni di viaggiatori, spiantati e sognatori, alla scoperta delle meraviglie del pianeta. La 2CV è la giovinezza del mondo!

PRODUZIONE 2CV E DERIVATE
L'assemblaggio della piccola di casa Citroën ebbe inizio nel 1948 nella fabbrica parigina di Levallois, non troppo distante dallo stabilimento di Quai de Javel dove veniva assemblata la Traction Avant ed il furgone HY.
La produzione industriale della 2CV ebbe però inizio nel settembre del 1949 ed il primo modello, il tipo “A”, con motore di 375cc, fu assemblato sino al novembre del 1960 in 128.685  unità. Nel frattempo, nell'ottobre del 1954,  era partita la produzione del tipo “AZ” (comprendente le versioni AZL, AZLM, AZA, AZAM, AZA ed AZA Export) con motore 425cc, costruite in 1.732.798 unità, sino al febbraio
1970. Nel febbraio del '70, arrivava il nuovo  tipo AZA2 (anche AZ-KB e Spécial), con motore 435cc, noto commercialmente come 2CV4, prodotto in 548.038 esemplari sino al settembre del 1978.
Sempre a febbraio 1970 ha inizio la produzione di modelli con motore 602cc (tipo AZ-KA) di cui verranno assemblati  1.458.465 pezzi  sino  al 27 luglio  del 1990,  quando l'ultima  2CV esce dalle catene di montaggio di Mangualde. Completano il quadro di produzione della 2CV le 694 bimotore (4x4 Sahara) costruite tra il dicembre del 1960 ed il luglio del 1966. In totale, le 2CV assemblate sono state 3.872.583 in versione berlina, cui vanno aggiunti 1.246.306 pezzi tra veicoli commerciali e derivati.
Nata a Lavallois,  la  2CV,  nelle  sue molte  versioni  e derivate,  è stata assemblata  anche  in  Belgio, Inghilterra, Portogallo, Cile, Iran, Costa d'Avorio, Argentina e Vietnam.
Dalla 2CV hanno avuto origine i veicoli commerciali tipo furgonetta AZU e AK, l'AMI6 berlina e break, la Dyane, la Méhari, l'AMI8 berlina e break, l'AMI Super e la M35 (quanto a telaio), la LN (motore) e la furgonett Acadiane.
Una famiglia di veicoli così ampia e variegata che è stata costruita sino al luglio del 1990, adatta alle esigenze degli automobilisti di mezzo pianeta, dall'Africa alle Americhe, dal Medio Oriente all'Indocina, costruita sulla base di un unico progetto di assoluta genialità

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