In Italia circolano
608,1 autovetture ogni 1.000 abitanti. Se si considerano tutti gli
autoveicoli (aggiungendo quindi alle autovetture anche autobus, autocarri e
autoveicoli speciali) si arriva a 685,7 veicoli in circolazione ogni 1.000
abitanti. Sono questi i reali tassi di motorizzazione italiani, elaborati dal Centro Studi Continental su fonti Aci e
Istat.
Prendendo in considerazione le sole autovetture, sottolinea il Centro Studi Continental, il dato italiano risulta superiore alla media europea, che secondo Acea (l’associazione dei costruttori automobilistici europei) è di 487 auto ogni 1.000 abitanti. Non solo: nell’ambito dell’Unione Europea il dato italiano è inferiore solo a quello del Lussemburgo (663 auto ogni 1.000 abitanti) ed è maggiore di quello tedesco (539), di quello francese (512), di quello spagnolo (476) e di quello del Regno Unito (464).
Prendendo in considerazione le sole autovetture, sottolinea il Centro Studi Continental, il dato italiano risulta superiore alla media europea, che secondo Acea (l’associazione dei costruttori automobilistici europei) è di 487 auto ogni 1.000 abitanti. Non solo: nell’ambito dell’Unione Europea il dato italiano è inferiore solo a quello del Lussemburgo (663 auto ogni 1.000 abitanti) ed è maggiore di quello tedesco (539), di quello francese (512), di quello spagnolo (476) e di quello del Regno Unito (464).
Vi è un’altra caratteristica che distingue nettamente il
parco di autovetture che circolano in Italia da quelle che circolano nel resto
d’Europa, e cioè la loro età media.
Infatti in Italia, sempre secondo
un’elaborazione del Centro Studi Continental, il 23,3% delle auto circolanti ha meno di 5 anni, contro il 30,8%
dell’Europa; il 29,7% ha tra 5 e 10 anni (il 31,7% in Europa); il restante 47%
ha più di 10 anni (mediamente in Europa, invece, solo 37,5% delle auto
circolanti ha più di 10 anni). Da questi dati emerge che nel nostro Paese il
parco circolante di automobili è nettamente più vecchio di quello europeo.
La ricerca del Centro Studi Continental riporta anche un
prospetto sul tasso di motorizzazione nelle regioni italiane. Ne risulta che la
regione italiana con il maggior tasso di motorizzazione è la Valle d’Aosta,
dove circolano 1051,3 autovetture ogni 1.000 abitanti. Questo dato, però, non
risponde alla situazione reale perché è fortemente condizionato dal fatto che
in Valle d’Aosta negli anni passati erano in vigore condizioni particolarmente
vantaggiose per l’immatricolazione di nuove autovetture, condizioni che hanno
determinato una crescita abnorme del parco circolante e quindi una distorsione
dei dati reali. Questo è accaduto, anche se in maniera minore, anche in
Trentino Alto Adige (710), regione che si trova al secondo posto della
graduatoria. Al terzo posto, poi, vi è l’Umbria (682,4), che è la regione che
ha veramente il tasso di motorizzazione più alto, seguita da Molise (643,2) e
Marche (639,6). In coda a questa classifica, e quindi con il minor rapporto tra
autovetture circolanti e abitanti, vi sono Veneto (602,4), Lombardia (587,9),
Campania (569,5), Puglia (549,9) e Liguria (522,7).
Sempre dall’elaborazione del Centro Studi Continental, poi,
emerge anche quali sono le province italiane in cui vi è il maggior tasso di
motorizzazione. Al primo posto c’è Aosta (1051,3), seguita da Trento (739),
Isernia 693), Biella (691,8) e Perugia (690,7). Invece le province in cui vi è
il minor tasso di motorizzazione sono Genova (486), Foggia (506,4), Venezia
(520,7), Barletta Trani (526,8) e Bari (534,7).
Queste graduatorie sono abbastanza sorprendenti, perché
contrariamente a quanto avviene con molti altri fenomeni, non troviamo ai primi
posti le regioni (o le province) più ricche e agli ultimi quelle più povere. La
ragione è che il tasso di motorizzazione è influenzato sia dal reddito che
dalla diffusione (e dall’efficienza) delle reti di trasporto pubblico.
Cosa emerge, dunque, da questa imponente mole di dati?
Principalmente che in Italia non si può fare a meno dell’auto. Questo perché i
trasporti pubblici non funzionano in maniera adeguata e non garantiscono la
stessa libertà di movimento dell’auto. E poi anche perché la crisi economica ha
innescato un processo di allontanamento dei centri cittadini (troppo cari) e di
spostamento non solo verso la prima, ma anche verso la seconda e la terza
periferia. Ma come ci si reca da casa, in periferia, al lavoro? O come si
portano i figli a scuola? Nella grande maggioranza dei casi in auto. Con auto
vecchie, però, o almeno molto più vecchie, come si è visto, di quelle che
circolano in Europa. Questo non è un dato da trascurare: auto più vecchie,
infatti, sono meno sicure e hanno maggiori emissioni di sostanze nocive.
Da tutto questo
risulta che, se nel nostro Paese si vuole aumentare la sicurezza stradale e
diminuire il livello delle emissioni di sostanze nocive c’è solo una cosa da
fare: accelerare il ricambio delle auto più vecchie ancora in circolazione.
Si tratta di un processo che sta diventando sempre più urgente, e che
porterebbe anche importanti benefici economici, in termini di posti di lavoro
salvati o recuperati nel settore della distribuzione automobilistica, che è in
forte sofferenza a causa della crisi. Le proposte da parte delle associazioni
del settore automobilistico alle istituzioni per agevolare il processo di
ricambio del parco circolante non mancano.
Nessun commento:
Posta un commento