La percentuale sul gettito complessivo è del 16,5%, mentre
la percentuale sul PIL sale al 4,5%, contro una media europea del 3,2%. Per
rilanciare la domanda di mobilità è prioritario invertire questa tendenza, con
particolare attenzione alla spesa delle famiglie, ma anche alla competitività
delle imprese
L’entità del prelievo fiscale che ha gravato sulla filiera
automotive italiana nel 2013 si attesta a 70,5 miliardi di Euro.
A fronte di una leggera crescita (+0,6%) del totale delle
entrate tributarie nazionali rispetto al 2012 – derivante da un andamento
positivo delle imposte dirette (+1,9%) e negativo delle imposte indirette,
basate sui consumi (-1%) – il gettito proveniente dal settore automotive,
secondo le stime elaborate da ANFIA, è sceso del 2,7%, mantenendo comunque una
quota percentuale sul gettito complessivo calcolato secondo il criterio di
cassa non distante da quella del 2012: 16,5% contro 17%.
“Facendo un
confronto sugli ultimi 5 anni, il gettito proveniente dal settore automotive è
cresciuto del 6,3% tra 2009 e 2013, con una quota percentuale sul gettito
complessivo passata dal 16% al 16,5%, dopo il picco del 17% nel 2012 – ha
commentato Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA.
E’ significativo notare che, nello stesso periodo, il
gettito IPT e IVA derivante dall’acquisto
degli autoveicoli è
calato del 30,2%
a causa del
forte ridimensionamento dei volumi
di nuove immatricolazioni (-39,8%),
mentre, al contrario, il gettito
derivante da possesso (bollo auto) e utilizzo dei mezzi, è cresciuto rispettivamente
del 4,6% e del 13,2%.
Nel 2013, la percentuale del gettito fiscale derivante dal
comparto sul PIL sale al
4,5% (era 4,4% nel 2012), mantenendo il primato tra i
maggiori Paesi europei, visto che
la media è del 3,2%1.
A fronte della perdita di capacità di spesa da parte degli
italiani – ha proseguito il Presidente ANFIA - si è risposto in questi anni con
l’inasprimento delle imposizioni fiscali
sull’auto, giunte a
livelli tali da
generare una profonda
contrazione del mercato, con
conseguenze gravi sia a livello industriale, sia sul parco circolante sempre
più obsoleto, poco sicuro e inquinante.
1 Dal confronto
con gli altri 4 principali mercati europei (Francia, Germania, Regno Unito e
Spagna), in base ai più recenti dati disponibili, l’incidenza del gettito
fiscale della filiera automotive italiana sul PIL rimane la più elevata: 4,5%
contro una media del 3,2%.
E’ prioritario, per rilanciare la domanda di mobilità nel
nostro Paese, invertire questa tendenza, con particolare attenzione alla spesa
delle famiglie, ma anche alla competitività delle imprese. ANFIA lavora da
tempo a questo obiettivo, con la presentazione di proprie proposte nell’ambito
della Consulta Automotive e seguendo altre
proposte di legge
in materia che
vadano nella direzione
di una fiscalità automotive più equa.
Si pensi, ad esempio, alla riduzione – introdotta in pochi
mesi, prima con la “Legge Fornero” e poi con la “Legge di Stabilità 2013”-
della deducibilità delle auto aziendali dal 40% al 20%, mentre in ambito UE
arriva fino al 100%. Senza un opportuno intervento di armonizzazione,
l’incidenza delle auto aziendali sul mercato italiano continuerà a restare
molto più bassa che in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.
E’ paradossale, inoltre, che alcune misure, come il
superbollo, abbiano contribuito a deprimere un mercato già in difficoltà,
generando effetti collaterali di elusione della misura stessa. La sua
abolizione consentirebbe una ripresa dei volumi di vendita, di attività e di
occupazione per il segmento auto interessato, con un probabile contagio
positivo sugli altri segmenti di mercato e un incremento del gettito
impositivo. Dal punto di vista industriale, questo favorirebbe lo sviluppo di
una strategia nella produzione nazionale di prodotti del segmento, e uno
sviluppo del mercato delle auto di alta cilindrata a basse emissioni.
Sul fronte delle assicurazioni, infine, ricordiamo che la
telematica assicurativa rappresenta una
delle soluzioni per la riduzione del carico fiscale, e auspichiamo, quindi, che
vengano rapidamente approvati i provvedimenti di attuazione derivanti dalle
misure sulle liberalizzazioni varate nel 2012 (DDLL n. 1 e n. 179 del 2012) con riferimento al
settore assicurativo.
In chiusura, non dimentichiamo che il Codice della Strada
stabilisce che almeno il 50% dei proventi delle multe incassate dagli enti
locali venga utilizzato per migliorare la sicurezza, investendo il 25% nella
manutenzione stradale, il 12,5% nella segnaletica e il
12,5% nei controlli sulle strade. Non esistendo, tuttavia,
un sistema di verifica di questi investimenti, che gli enti locali dovrebbero
mettere annualmente a bilancio, lo sforzo dei
produttori per accrescere
gli standard di
sicurezza dei veicoli,
e ridurre
l’incidentalità e la mortalità sulle strade, viene spesso
vanificato dalle condizioni delle infrastrutture stradali italiane, ancora al
di sotto degli standard europei di sicurezza”.
Nella
ripartizione del prelievo calcolata sui diversi momenti impositivi del “ciclo
di vita contributivo” degli autoveicoli, resta saldamente al primo posto la
quota di tassazione derivante dall’utilizzo dell’autoveicolo nel corso
dell’anno, pari all’82,2% del gettito complessivo proveniente dal comparto per
un valore di 58 miliardi di Euro (-2,6% rispetto al 2012, in cui valeva 59,5
miliardi).
Questa lieve flessione si spiega in buona parte con la
riduzione dei consumi di benzina e gasolio (-4,8% e -2,7% rispettivamente, per
un totale di circa 1.000 milioni di litri di carburanti in meno rispetto al
2012) e anche dei relativi prezzi medi finali (-2,1% e 2,8% rispettivamente),
grazie alla riduzione della componente industriale (-6%) e nonostante l’aumento
della componente fiscale (IVA - salita dal 21% al 22% da ottobre 2013 - e
accise). Nel 2013, infatti, le imposte sul prezzo medio annuale alla pompa
della benzina pesano per il 59% del prezzo totale, due punti in più del 2012,
quelle del gasolio pesano per il 55% (vs 53% del 2012), con un aumento delle
accise dell’1,6% e dell’1,9% rispettivamente.
Al secondo posto,
si colloca la quota di contribuzione al momento dell’acquisto dell’autoveicolo,
che comprende il versamento dell’IVA e dell’IPT (Imposta Provinciale di
Trascrizione), pari al 9,4%, per un totale di 6,61 miliardi di Euro. Questa
voce è calata del 3,7% rispetto al 2012, in conseguenza dell’ulteriore
contrazione delle immatricolazioni di autovetture nuove nel 2013 (-7%), dopo
quella molto pesante del 2012 (-19,8%).
Infine, il
possesso dell’autoveicolo rappresenta
una quota dell’8,4%:
5,93 miliardi di Euro derivanti dalla tassa di possesso – il “bollo
auto” - che segna una flessione
dell’1,8% rispetto al
2012 ritornando, così,
al gettito del
20112. Questa dinamica conferma
che l’introduzione della sovrattassa sul bollo (il cosiddetto “superbollo”)
sulle auto con kW superiori a 1853 ha avuto effetti contrari rispetto a quelli
preventivati.
Le vetture con
kW superiori a
185, che avevano
già subìto un
calo di mercato (-35%) nel 2012, nel 2013 hanno
riportato un’ulteriore contrazione del 21,7%, triplicata rispetto al calo del
mercato auto nel suo complesso, pari al 7%, ma allineata al calo delle vendite
del segmento “alto di gamma” (-22,2%). L’introduzione del superbollo ha
determinato un brusco
calo del fatturato
di vendita (-38,5%
2012/2011 e -18,2% 2013/2012) e del conseguente gettito
fiscale (-36,1% 2012/2011 e -18,2% 2013/2012).
Questo significa che anche il solo gettito previsto per le
auto immatricolate non è stato recuperato, a causa di una serie di escamotage
adottati per aggirare la sovrattassa. Tra questi, i “falsi leasing” di
autovetture con targa tedesca (o ceca) nel Nord Italia, date in noleggio da
soggetti commerciali e utilizzate da clienti italiani (con mancato versamento
dell’IVA, del bollo, del superbollo, dell’IPT, delle multe, dell’addizionale
provinciale sull’RCA.
A partire dal 2013, ISTAT pubblica la Sintesi dei conti ed
aggregati economici delle Amministrazioni Pubbliche. Sulla base di questi dati,
il gettito 2012 è stato leggermente ribassato e la sua crescita rispetto al
2011 risulta pari all’1,8%.
3 La sovrattassa è stata introdotta nel 2011 e riparametrata
al rialzo nel 2012 (20 Euro per ogni kW di potenza del veicolo superiore ai
185, ridotta dopo 5, 10 e 15 anni dalla costruzione del veicolo rispettivamente
del 40%, 70% e 85% sul totale dovuto, e azzerata dopo 20 anni).
A questo si aggiunge il fenomeno della “esterovestizione” di
veicoli – radiati per esportazione in Paesi UE, ma che continuano a circolare
sul territorio nazionale con targa tedesca, austriaca, bulgara o romena con le
conseguenze sopra indicate - e il boom di radiazioni per esportazione, sia di
auto di nuova immatricolazione, poi radiate e reimmatricolate con targa estera,
sia di auto usate, che non produrranno più gettito per il Paese a partire dal
secondo anno (+150% nel 2012 e +85% nel 2013, entrambi rispetto al 2011).
Venendo al
dettaglio del “ciclo di vita contributivo” degli autoveicoli, in fase di
immatricolazione sono stati versati al Fisco, nel 2013, circa 5,25 miliardi di
Euro, risultanti dal pagamento dell’IVA e dei diritti di motorizzazione (voce 3
della tabella). Questa voce ha subito un calo del 4,5% rispetto al 2012. Oltre
al crollo delle immatricolazioni, ha influito l’ulteriore ridimensionamento
della quota di auto acquistate da privati, a favore delle immatricolazioni di
vetture intestate a società e di quelle a noleggio, come già avvenuto nei tre
anni precedenti. Le vetture acquistate direttamente da privati (persone
fisiche) sono passate dal 64,9% del 2011 al 62,3% del 2012, per calare ancora
nel 2013 al 61,9%. Complessivamente, le vetture intestate ad aziende (società,
leasing, noleggio, taxi) sono il 38,1% del mercato nel 2013 contro il 37,7% del
2012.
Il gettito derivante dalla riscossione dell’IPT (voce 6) è
rimasto pressoché allineato al
2012, registrando una flessione dello 0,4%, per un totale di
1,36 miliardi di Euro.
La variazione si spiega con la riduzione del numero di
pratiche svolte nel 2013 a causa del calo del mercato del nuovo, a fronte della
stabilità del mercato dell’usato(+0,4% per le autovetture). Ricordiamo che il
2012 è stato l’anno di piena applicazione della nuova modulazione dell’imposta,
avviata nel 2011 e finalizzata, per gli atti soggetti all’IVA, al passaggio dal
pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle
caratteristiche di potenza e portata dei veicoli.
Quanto alle voci
di contribuzione relative all’utilizzo dell’autoveicolo, il gettito fiscale sui
combustibili (voce 1) ha segnato una riduzione del 2,1%: 36,61 miliardi di Euro
rispetto ai 37,39 del 2012. La flessione dei consumi di benzina e gasolio, di
cui si è detto in precedenza, non è stata compensata dal ritmo crescente dei
consumi di GPL e metano (+12% e +6% rispettivamente) e quello derivante dal
gasolio dell’1,7%, tendenzialmente in linea con il calo dei consumi e dei
prezzi finali, mentre il gettito derivante dal GPL e dal metano ha superato del
12,4% e
del 9,5% rispettivamente i
valori del 2012,
per effetto dell’aumento
dei
consumi. Solo il metano, tuttavia, ha registrato anche un
incremento del prezzo medio alla pompa, pari al 2,5%, mentre per il GPL si è
avuto un ribasso del 2,1%, grazie alla riduzione del 3% della componente
industriale.
Il prelievo fiscale
relativo ai lubrificanti
(voce 2), nel
2013 ha registrato
una contrazione del 3,4% passando da 0,89 a 0,86 miliardi di Euro.
Questo a causa di un calo dei consumi pari al 5,3% rispetto all’anno precedente
(in cui la riduzione era già dell’11,4%) e di un concomitante piccolo
incremento dei prezzi al consumo, del 2%, quindi leggermente superiore all’inflazione
annua, secondo la rilevazione ISTAT.
Si riduce anche il gettito IVA relativo a manutenzione e
riparazione degli autoveicoli e all’acquisto di ricambi, accessori e pneumatici
(voce 4), che registra un -3,2% rispetto al 2012 per un valore complessivo
stimato in 9 miliardi di Euro.
L’avanzamento tecnologico, negli ultimi anni, ha sicuramente
prodotto un allungamento degli intervalli di manutenzione delle vetture,
offrendo prodotti sempre più affidabili, sicuri ed eco-friendly, ma anche più
complessi. Di conseguenza, se da un lato il numero di interventi di officina
tende a calare, dall’altro, quando sono necessari, questi diventano più
costosi, non solo per un incremento
dei prezzi –
dell’1,8% nel 2013 secondo ISTAT – ma anche per l’alto
numero di ore dedicate a causa della complessità. La perdurante crisi
economica, inoltre, induce gli automobilisti a rinviare le visite di
manutenzione programmata, avvalendosi dell’officina quasi solo in caso di
guasto, con conseguenti costi più elevati. Fortunatamente, induce ad un più
ampio ricorso all’autoriparazione il maggior rigore nei controlli su sicurezza
e impatto ambientale in sede di revisione dei veicoli.
La voce d’imposta relativa ai pedaggi autostradali (voce 5)
ammonta nel 2013 a 1,75 miliardi di Euro, in rialzo dell’1,2% rispetto al 2012.
Si tratta dell’unica voce in crescita - a dispetto di una lieve diminuzione dei
volumi di traffico nel corso dell’anno (1,3 miliardi-km in meno) - per effetto
dell’adeguamento delle tariffe dei pedaggi, mediamente aumentate del 3,9%
rispetto al 2012, e dell’aumento di un punto percentuale dell’IVA (da ottobre
2013).
Gli introiti derivanti dai premi assicurativi per RC, furto
e incendio (voce 8), registrano una riduzione del 2,6%, per un totale di circa
4,50 miliardi di Euro. Una riduzione inferiore a quella dei premi lordi
contabilizzati per le componenti RC Auto, Furto e Incendio (-7% circa nel corso
del 2013) per effetto della Riforma Fornero (legge 92/2012) Sanitario
Nazionale, facendo così perdere il vantaggio fiscale alla maggior parte (circa 18
milioni, secondo le stime correnti) degli automobilisti. Dal 2015, tra l’altro,
non si porterà più in deduzione neanche la parte eccedente i 40 Euro, per
effetto del Decreto IMU (comma 2-bis, articolo 12, DL IMU n. 102/2013, convertito nella Legge 124/2013).
In tema di assicurazioni, ricordiamo anche che circa l’8%
del parco auto italiano circola privo di copertura RC auto, una percentuale
che, per effetto della gravissima crisi economica in atto, negli ultimi anni è
raddoppiata, così come il fenomeno delle polizze false o, addirittura, delle
compagnie assicurative inesistenti. Oltre al danno per le compagnie
assicurative, tutto questo penalizza gli automobilisti onesti, oltre che i
terzi trasportati e gli utenti della strada in generale, che rischiano di non
poter essere risarciti in caso di danno.
La voce parcheggi e contravvenzioni (voce 9), infine, nel
2013 vale 5,25 miliardi di Euro, con una contrazione del 6,2% rispetto al 2012
(5,60 miliardi), dopo tre anni consecutivi in crescita (+7,5% nel 2010, +7% nel
2011 e +4,7% nel 2012). In riferimento alle contravvenzioni, la Legge n.98/2013
di conversione del cosiddetto Decreto “del fare” n. 69/2013, ha introdotto la
possibilità di una riduzione del 30% dell’importo delle sanzioni per cui è
previsto il pagamento in misura ridotta, per i pagamenti entro 5 giorni dalla
data di contestazione immediata o di notifica differita della contravvenzione.
Sembra che di questo tipo di “sconto”, in realtà, abbiano usufruito solo gli
automobilisti già paganti, senza rendere più virtuosi gli altri, visto che si è
verificata una perdita di gettito.
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