La Business Unit Automotive di CSI è, infatti, considerata uno dei principali poli di eccellenza europei nel campo della sperimentazione e testing dell’autoveicolo. CSI è l'unico test centre italiano autorizzato da Euro NCAP e da Green NCAP.
Mercedes-Benz e Bosch portano i test RDE nel cuore delle metropoli italiane, per verificare scientificamente l’effettivo impatto ambientale della mobilità di ultima generazione. Sono, infatti, proprio i grandi centri urbani i più soggetti ai blocchi della circolazione. I test hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’attenzione di istituzioni e opinione pubblica sull’importante salto tecnologico che negli ultimi anni ha visto protagoniste le motorizzazioni tradizionali, sempre più efficienti e a basso impatto ambientale.
Testati tre tipi di alimentazione. Per questo sono stati comparati i risultati di tre diversi tipi di alimentazione: una Classe A 200 d, equipaggiata con un propulsore Diesel 2.0 da 150 CV; una Classe B 160, con motore 1.3 benzina da 109 CV e una Classe C 300 de EQ-POWER, alimentata da 2.0 Diesel Plug-In con una potenza di sistema di 194 + 122 CV.
Rispetto ai test in laboratorio (sui rulli), i test RDE (Real Drive Emissions) sono le prove alle quali attualmente tutte le nuove auto vengono sottoposte per misurare gli inquinanti emessi durante la guida su strada. Si svolgono su strade aperte al traffico, dove il veicolo si trova a circolare in condizioni non facilmente prevedibili: code, semafori, rotatorie, stop&go. Questi test si basano su un dispositivo chiamato PEMS (Portable Emission Measurement System), un analizzatore portatile, compatto e leggero, che permette la misura dei principali inquinanti (Ossidi di Azoto - NOx, Numero particelle di Particolato - PN) emessi dalle automobili.
Nel caso degli RDE Emission Test sono stati misurati gli ossidi di azoto (NOx) e le polveri sottili (PN), primi imputati delle emissioni nelle nostre città. I test portati a termine hanno affrontato tre diverse tipologie di scenario: il primo, a Torino, in condizioni equivalenti a quelle omologative, con oltre 200 parametri e un percorso di circa 90 minuti su strade urbane, extraurbane e autostrade. Il secondo test, a Milano, su percorrenze esclusivamente urbane, ha anche comparato la concentrazione della massa di particolato (PM) in aspirazione con quella allo scarico. Il test svolto a Roma ha, per grandi linee, ricalcato modalità e rilevazioni di quello effettuato a Milano.
È opportuno sottolineare che tutte le auto coinvolte nel test hanno registrato valori di emissioni nettamente inferiori ai limiti consentiti, sia in laboratorio, ma soprattutto su strada, in condizioni di guida reale.
Il verdetto. Tra gli elementi più interessanti emersi nel corso dei test è risultato che, i valori medi delle emissioni di ossido di azoto e del numero di particelle allo scarico del motore Diesel Euro 6d preso in oggetto, sono inferiori rispetto a quelli della vettura con alimentazione a benzina a iniezione diretta, pur rimanendo entrambe in una fascia decisamente al di sotto dei limiti. Un riscontro ben diverso rispetto a quanto si registrava con le vecchie motorizzazioni Diesel, sviluppate prima dell’avvento dei test RDE e del PEMS. In questi casi, le vetture testate su strada, facevano registrare valori reali di emissioni degli NOX molto più elevati rispetto a quelli emersi in laboratorio.
Un altro fattore particolarmente rilevante registrato nel corso del test a Milano è che, in presenza di un’alta concentrazione di particolato, come nel caso in cui ci preceda un veicolo particolarmente inquinante, la concentrazione delle polveri allo scarico è risultata fino a 2.000 volte inferiore rispetto a quella dispersa nell’aria dell’ambiente circostante. Se è forse eccessivo considerare i Diesel di ultima generazione dei ‘filtri per la pulizia dell’aria’, allo stesso tempo andrebbe rivista in maniera radicale la reputazione di questa tipologia di alimentazione, un alleato importante nella transizione verso l’elettrico.
Nel corso di tutte le sessioni di test non è mai avvenuta alcuna rigenerazione del filtro antiparticolato, che prevede la periodica combustione delle polveri accumulate al suo interno. Questo processo è erroneamente indicato come un importante picco di emissioni, ma recenti studi hanno, invece, dimostrato che, pur considerando la rigenerazione, i livelli di emissione di particolato sono inferiori, pari ad un quinto, della soglia consentita.
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