Relazione di Urelio
Nervo, neo-presidente ANFIA
Vorrei accennare, brevemente, ad alcuni elementi di
riflessione utili ad avviare il dibattito sul futuro dei prodotti e dei
processi produttivi nel settore automotive, un futuro molto più vicino di
quanto si immagina, da progettare oggi. Non a caso, abbiamo scelto di
coinvolgere i rappresentanti di due aziende, CPM e Vislab, che stanno già
vivendo questo futuro, con l’adozione delle nuove tecnologie già disponibili in
riferimento alla manifattura intelligente e alla guida autonoma
Scenari e dinamiche
internazionali
Trend evolutivi: Crescita demografica, popolazione urbana,
invecchiamento della popolazione
Tra il 2015 e il 2030, la popolazione mondiale crescerà di
1,1 miliardi di abitanti, passando da 7,3 a 8,4 miliardi. Nello stesso tempo,
la popolazione urbana è prevista crescere da 3,9 a 5,1 miliardi nel 2030.
Saranno quindi le aree urbane ad assorbire la crescita della popolazione,
soprattutto in Asia, Africa e America Latina.
L’urbanizzazione ha raggiunto livelli superiori al 90% non
solo in alcune città stato come Singapore o Kuwait, ma anche in Belgio, Olanda,
Venezuela, Uruguay, Argentina, Israele, Giappone e in UK. L’inurbamento ha
raggiunto il 54% della popolazione in Cina e il 30% in India.
Nonostante le gravissime e amplissime iniquità che
permangono fra i popoli e all’interno dei singoli stati, la popolazione
mondiale, considerata in media, non ha mai potuto giovarsi di condizioni di
vita migliori di quelle attuali, nemmeno quando il suo ammontare era molto
minore. Il miglioramento delle condizioni di vita determina un innalzamento
dell’aspettativa media di vita e quindi, nel lungo termine, un progressivo
invecchiamento delle popolazione. Infatti, secondo le proiezioni delle Nazioni
Unite, il numero delle persone dai 60 anni in su è destinato a crescere del 55%
da qui al 2030 (1 persona su 6).
La crescita economica
e demografica determinerà un aumento della motorizzazione soprattutto nei
Paesi emergenti. Nel 2022, il parco circolante delle autovetture raggiungerà il
miliardo di unità, con un incremento di oltre 200 milioni di auto, la metà
delle quali attribuibili alla Cina.
Motorizzazione
diffusa e mobilità sostenibile dovranno andare di pari passo. La
congestione del traffico, l’inquinamento acustico e atmosferico, la
sovracrescita urbana (urban sprawl), così come i rischi di esclusione sociale e
la sicurezza stradale, sono tutte sfide che si pongono sul cammino di uno
sviluppo urbano sostenibile.
Tecnologie e know-how
consentiranno di rispondere all’impatto ambientale, alla domanda di servizi e
alla qualità della vita che questi trend evolutivi impongono: tra i tanti
indicatori significativi che vanno studiati e valutati nelle politiche di
gestione delle città e delle aree urbane ci sono i trasporti, i bisogni
energetici, le emissioni inquinanti, i consumi di risorse, le infrastrutture.
Chiudo questa riflessione con una domanda: come potremo
integrare tutti questi aspetti dando risposte flessibili ed efficienti alla
domanda di mobilità in uno scenario così complesso?
Fattori di cambiamento economico e culturale
Il tema della mobilità sostenibile è uno degli argomenti di
maggiore dibattito nell’ambito delle politiche ambientali locali, nazionali e
internazionali volte a ridurre l’impatto ambientale derivante dalla mobilità
delle persone e delle merci, argomento di dibattito sul tavolo del COP 21 di
Parigi.
Il traffico urbano non è solo un problema ambientale, ma
anche un problema economico, alla cui soluzione concorrono l’innovazione
tecnologica sui veicoli e componenti, i servizi telematici applicati ai veicoli
e ai sistemi di mobilità, l’intermodalità tra differenti mezzi di trasporto, le
regolamentazioni sulle emissioni inquinanti e sugli standard di sicurezza
attiva e passiva, la razionalizzazione dei processi distributivi delle merci,
ma anche nuove forme di utilizzo dei veicoli - parliamo, in questo caso, di sharing mobility, ossia condivisione
dei mezzi e dei servizi applicati su di essi (car sharing, car pooling, etc.) -
e nuovi modelli di pagamento per l’utilizzo dei veicoli (pay per use, pay as
you drive).
Si assiste a un progressivo passaggio dal possesso
all’accesso: un nuovo atteggiamento culturale e modello economico favorito
anche dalla diffusione dei dispositivi mobili e deIle applicazioni. Le
dinamiche della sharing economy applicate ai trasporti hanno dato vita ai
fenomeni di car sharing e car pooling, che rappresentano un nuovo modello di
business per i costruttori di veicoli.
Ciò non toglie che, nel medio termine, in alcune aree come
quelle a bassa densità di popolazione e le piccole cittadine, la diffusione di
queste nuove formule sarà più difficile o almeno parziale, motivo per cui in
queste zone rimarrà probabilmente centrale un uso più tradizionale
dell’autovettura, magari in chiave intermodale, ovvero in combinazione con
altre modalità di trasporto pubblico o privato.
I dispositivi mobili,
in generale e on board, consentiranno, poi, un’organizzazione della
mobilità più efficiente. Digitalizzazione e smart cities sono il leitmotiv che
caratterizzerà il percorso evolutivo di tutti gli attori, vecchi e nuovi, dei
sistemi di mobilità di persone e merci: costruttori di autoveicoli, fornitori
di componenti, imprese di logistica e di IT, service providers, piattaforme di
BIG DATA e di CRM, governi nazionali e locali.
Le innovazioni tecnologiche sui prodotti e sui sistemi di
trasporto hanno futuro laddove si inseriscono in progetti condivisi di
politiche di gestione della mobilità, che disegnano servizi e soluzioni di
infomobilità, coinvolgendo anche il sistema infrastrutturale e i cittadini.
Chiediamoci come può
la nostra filiera automotive prepararsi all’ingresso dei nuovi attori che
abbiamo citato?
Effetti sulle vendite e sulla produzione mondiale di
autoveicoli Vendite mondiali
Le vendite mondiali di autoveicoli sono cresciute dal 2007
al 2014 con un tasso medio annuo del 3,1%, mentre le attese di crescita dal
2015 al 2022 sono del 2,7%. Nel 2015 le vendite di autoveicoli previste saranno
appena poco sopra i livelli raggiunti nel 2014, a causa del rallentamento della
domanda interna soprattutto di Cina, Giappone, Brasile e Russia e dal calo
delle vendite dei veicoli industriali.
Sono i mercati di Nord America e Unione Europea, le cui
vendite pesano sul mercato mondiale rispettivamente per il 24,3% e il 22,3%, ad
avere un ruolo trainante. In particolare nell’area Nafta, nel 2015, le vendite
di autoveicoli supereranno i livelli record del 2005. Nonostante il
rallentamento dell’Asia - dovuto a diversi fattori, tra cui il calo dei prezzi
delle materie prime, soprattutto il petrolio, la volatilità delle monete
rispetto all’apprezzamento del dollaro, i problemi strutturali interni di
alcuni Paesi, come deficit di parte corrente e pressioni inflazionistiche –
quest’area manterrà tassi di crescita economica più alti, con una domanda di
beni più grande rispetto ai mercati maturi. La domanda di automobili è prevista
crescere, seppur con tassi inferiori a quelli registrati tra il 2009 e il 2017
(+10% CAGR), complice una popolazione giovane, una classe media in aumento e a
una considerevole capacità d’investimento in R&S.
Produzione mondiale
Di riflesso alla domanda, la produzione mondiale di
autoveicoli nei primi sei mesi del 2015 è cresciuta solo dello 0,5% ed è
prevista attestarsi a fine anno sui valori del 2014. I primi 5 player mondiali
(Toyota, VW, GM, Hyundai, Ford) producono quasi la metà della produzione
globale di autoveicoli e FCA è al 7°posto della classifica.
Possiamo guardare all’Asia come ad una grande fabbrica degli
autoveicoli, con un peso superiore al 52% sulla produzione globale, dove la
Cina da sola pesa per il 27%, quota più che raddoppiata rispetto al 2007.
Dopo le notevoli contrazioni del 2009-2010, la produzione di
autoveicoli nell’area Nafta ha progressivamente recuperato e nel 2015
raggiungerà i livelli record del 2005 (oltre 17,6 milioni di unità).
Nel 2014, in cima alla classifica dei Paesi produttori ci
sono quindi Cina, USA, Giappone e Germania, mentre il Messico supera il Brasile
e la Spagna passa dalla 12^ posizione alla 9^, davanti a Canada, Russia e
Tailandia.
La produzione di autoveicoli in UE, dopo 6 anni di cali
consecutivi, registra nel 2014 il primo segno positivo, confermato dal trend
2015, che è previsto mantenersi anche nei prossimi anni, senza raggiungere i
livelli record del 2007.
L’Italia: vendite e
produzione di autoveicoli
Concentriamoci un attimo sul nostro Paese.
Nell’ultimo decennio, la produzione domestica di autovetture
si è dimezzata rispetto al decennio precedente, ma è già dagli anni ’90 che ha
avuto inizio questo ridimensionamento. Grazie alla ripresa del mercato italiano
ed europeo, il 2014 si è chiuso finalmente in positivo e il 2015 ha registrato,
nei primi 10 mesi, incrementi produttivi del 69% per il comparto auto e del 18%
per quello dei veicoli commerciali leggeri e pesanti, con effetti positivi
sulla fabbricazione di componenti.
Il 68% della produzione domestica di autoveicoli è destinato
all’export, purtroppo con un saldo negativo, determinato da un mercato dove i
brand con produzione nazionale pesano solo per il 30%. Fa meglio il comparto
della componentistica che, con un valore dell’export che supera i 19 miliardi
di euro nel 2014, produce un saldo positivo di oltre 7,5 miliardi. In Italia le
aziende della componentistica hanno fatto leva sui fattori competitività,
dirottando, in questi ultimi anni di ridimensionamento dell’industria
nazionale, una parte crescente delle loro produzioni alle commesse estere.
Oggi, la ripresa dell’industria automotive sta trainando la
produzione industriale italiana, che registra un recupero ancora piuttosto
lento, garantito soprattutto dalle favorevoli condizioni internazionali (calano
i prezzi delle materie prime e dei prodotti petroliferi; rallenta l’ascesa di
alcuni Paesi emergenti; cala la quota della produzione industriale di alcuni
Paesi avanzati).
Accogliere il
cambiamento: le sfide-opportunità dell’automotive in Italia I numeri della
filiera automotive in Italia
La filiera conta circa 3.200 imprese e oltre 1,2 milioni di
addetti (diretti e indiretti) – ovvero il 7,6% del totale degli occupati in
Italia nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi - di cui
265.000 nella filiera produttiva automotive, pari al 7% del settore
manifatturiero italiano. Il fatturato del comparto è di circa 80,5 miliardi di
Euro, il 40% dei quali (oltre 32 miliardi di Euro) proviene dall’export. La
bilancia commerciale della filiera nel suo complesso ha un saldo attivo di 2
miliardi di Euro. Infine, circa 3 miliardi di Euro è l’ammontare degli
investimenti annui in R&D.
Punti di forza e di
debolezza oggi: stato dell’arte e percorsi futuri
Uno dei maggiori punti di forza dell’industria italiana,
l’automotive in particolare, è l’alta propensione all’innovazione, seconda solo
a quella delle imprese tedesche. La spesa in R&S è bassa ma in forte
aumento. E’ giusto sottolineare che l’industria italiana nel suo complesso ha
saputo rispondere alle richieste dei mercati esteri, ottenendo il quinto
surplus al mondo nella bilancia commerciale di manufatti (con Cina, Germania,
Giappone e Corea del Sud), secondo il Trade Performance Index, e attestandosi
all’11° posto per valore dell’export nella classifica mondiale nel 2014.
L’automotive italiano si contraddistingue anche per la
qualità dei prodotti e dei processi delle nostre imprese. Si tratta di fattori
chiave per rimanere competitivi in uno scenario globale in rapida evoluzione.
Le imprese italiane hanno un elevato know-how che, unito
alla buona flessibilità e capacità di adattamento alle richieste del mercato e
ad una gestione snella dei processi produttivi, le ha rese capaci di mettere a
frutto nei mercati esteri le proprie strategie di sviluppo. Su questo le nostre
aziende dovranno puntare per vincere le sfide di domani, legate a nuovi attori
in gioco e a nuovi modelli di mobilità delle persone e delle merci, in cui
soprattutto le tecnologie per la connettività dei veicoli e delle
infrastrutture e l’automazione della guida delineeranno una crescente domanda
di servizi.
Ricordiamo che in ANFIA è rappresentata una nicchia
d’eccellenza nel comparto della telematica e infomobilità che ha sviluppato uno
dei maggiori mercati europei e mondiali della telematica assicurativa e dei
servizi per il veicolo connesso, con 7 milioni di scatole telematiche.
Sostenerne la crescita significa non imbrigliare questo
specifico comparto in un formulario di regole che ne limitino lo sviluppo, ma
bensì aiutarlo a crescere ulteriormente.
Diamo quindi valore a quanto le istituzioni stanno facendo
per rafforzare questi fattori di competitività, anche attraverso le strategie
di sostegno all’export e all’internazionalizzazione messe in campo dal
Ministero dello Sviluppo Economico, gli accordi europei di libero scambio e le
misure di supporto all’innovazione di prodotto e di processo.
Riguardo all’export,
c’è ancora molto da fare in materia di semplificazioni doganali, ma contiamo
sull’impegno già dimostrato dall’Agenzia delle dogane. L’internazionalizzazione
è una strada su cui proseguire: la crescita delle attività produttive nei Paesi
emergenti costituisce un driver per lo sviluppo dei mercati. Apprezziamo il
nuovo approccio seguito dal Ministero dello Sviluppo Economico, tramite ICE –
Italian Trade Agency, in tal senso, caratterizzato dall’organizzazione di
missioni estere più improntate al business rispetto al passato, in mercati
strategici per la filiera (es.: Iran).
Apprezziamo, inoltre, i primi interventi del Governo a
favore dell’innovazione, sia attraverso l’implementazione di strumenti
automatici di supporto, sia attraverso gli sgravi fiscali su brevetti e marchi
protetti. Tuttavia la sola incrementalità della misura sul credito d’imposta e
la ancora poca chiarezza sulle norme sul
Patent box rappresentano ancora degli ostacoli agli investimenti in ricerca
da parte delle aziende. Il lavoro di semplificazione degli strumenti e di
certezza di tempi e risorse è ancora in fase embrionale.
Concordiamo sulla linea di intervento avviata che mira
all’ammodernamento dei processi produttivi incentivando le aziende alla
sostituzione dei beni strumentali d’impresa. Ne sono espressione la Nuova Legge
Sabatini e i super ammortamenti introdotti con la Legge di Stabilità 2016
insieme all’innalzamento delle soglie di deduzione per le vetture aziendali.
Mantenere un buon livello di competitività implica, infatti, innovare e rendere
sempre più efficienti i processi, anche per poter adeguare i prodotti ai rapidi
mutamenti delle richieste di mercato. Di qui l’apprezzabile recente
orientamento delle istituzioni ad agevolare preferibilmente l’innovazione di
processo più che di prodotto..
A completamento della finanza pubblica di sostegno alle
imprese, sottolineiamo quanto sia fondamentale garantire alle imprese un facile
accesso al credito, in modo da supportare anche gli investimenti privati in
ricerca. Uno strumento efficace in questo senso è il Fondo di garanzia per le
PMI, proprio in questi giorni esteso al finanziamento dei mezzi di trasporto.
Nelle sfide legate alla sfera ambientale, il nostro punto di
forza è aver sviluppato soluzioni innovative a basso impatto ambientale per la
mobilità sostenibile a partire da competenze consolidate nei sistemi di
alimentazione a metano e a GPL e nei sistemi di propulsione. La filiera
industriale italiana del metano per autotrazione, ad esempio, è riconosciuta
come leader mondiale, rappresentando circa 20.000 occupati, 50 PMI e un
fatturato di 1,7 MLD €.
Siamo sostenitori del principio di neutralità tecnologica
per il raggiungimento dei prossimi obiettivi di riduzione delle emissioni. E’
innegabile, del resto, che anche i sistemi ibridi e ibridi plug-in conosceranno
una considerevole crescita a livello mondiale nei prossimi anni, mentre riguardo
all’elettrico, è necessario un ulteriore avanzamento tecnologico in tema di
batterie. La filiera italiana sta individuando competenze e risorse per
investire maggiormente in questo senso per competere sui mercati
internazionali, con l’auspicio di avere l’adeguato supporto delle istituzioni.
La regolamentazione
ambientale pone vincoli molto stringenti per il settore automotive. Ne è un
esempio la proposta normativa sui test delle emissioni su strada dei veicoli
(Real Driving Emissions - RDE), recentemente inasprita a seguito della vicenda
Volkswagen.
Il secondo pacchetto RDE, approvato dagli Stati Membri il 28
ottobre scorso, introduce standard e limiti di prova che saranno estremamente
difficili da raggiungere da parte dei costruttori auto nei tempi fissati dal
legislatore europeo. Come conseguenza diretta di questa misura, un sensibile
numero di modelli diesel dovranno essere ritirati dal mercato prima di quanto
pianificato all'origine dall'industria, con conseguenze negative sul
raggiungimento dei target di CO2 già fissati per il 2021. Non essendo ancora
concluso l’iter di approvazione del provvedimento, l’attenzione sul tema
rimarrà alta, anche perché, pochi giorni fa, una parte politica ha espresso al
Parlamento europeo la sua contrarietà all’attuale formulazione, con il rischio
che si torni a lavorare da capo sui parametri della misura e che si
stabiliscano tempi, standard e limiti ancora più sfidanti.
Resta importante, inoltre, che l’intero pacchetto venga
definito in tempi rapidi e certi, in modo che l’industria possa pianificare gli
investimenti necessari per ottemperare ai requisiti richiesti.
Ringraziamo, a questo proposito, il Governo italiano, per
quanto ha fatto e sta facendo affinché il pacchetto europeo (RDE) risponda a un
bilanciamento di diversi fattori, a salvaguardia della competitività
dell’industria.
L'industria automotive è pronta ad affrontare i sempre più
alti standard di qualità dell'aria e le ambiziose politiche di contrasto ai
cambiamenti climatici, purché la normativa tecnica resti compatibile con le
esigenze di competitività delle imprese e purché la stretta sugli standard che
i Costruttori sono chiamati a rispettare nella progettazione dei nuovi veicoli
trovi finalmente riscontro in adeguate politiche a sostegno del rinnovo del parco
circolante. In Italia, ad oggi, risultano ante Euro 4 il 48% delle autovetture,
il 67% degli autocarri e, caso limite, ben il 72% degli autobus. Occorre
individuare con urgenza modalità innovative che garantiscano un rinnovo sui
livelli europei, a maggior ragione in settori dipendenti totalmente da risorse
pubbliche come nel Trasporto Pubblico Locale.
Tra gli ulteriori punti di debolezza che ancora frenano le
potenzialità del nostro settore segnaliamo i costi dell’energia e della
logistica, che in Italia ha un basso livello di efficienza. Si tratta di leve
fondamentali per la competitività dell’industria automotive.
In tema di efficienza logistica, sarebbe opportuno
valorizzare e rendere norma di legge sperimentazioni già in corso e proposte da
ANFIA sull’allungamento dei trailer per l’ottimizzazione dei carichi
trasportati.
Un altro freno è la troppo gravosa fiscalità di settore: le
entrate fiscali generate dal comparto automotive nel suo complesso nel 2014
ammontano a circa 70 miliardi di Euro e rappresentano il 16,8% del gettito
fiscale complessivo, ovvero il 4,5% del PIL.
Oltre a continuare nella partecipazione attiva e propositiva
alla costruzione di una efficace politica industriale per il settore, ANFIA
vuole porre l’accento sui temi dell’incontro di oggi: autonomous vehicle e
connected driving e Industry 4.0. La guida autonoma, sulla quale alcuni Paesi
membri dell’UE hanno già avviato sperimentazioni, e su cui l’Italia dovrebbe
avviare un piano nazionale di sperimentazione in aree urbane e interurbane.
La digitalizzazione dell’industria, che potrebbe restituire
una parte dell’occupazione che l’introduzione dei robot aveva eliminato a
partire dagli anni ’70 e da cui le micro e piccole imprese preponderanti nel
tessuto industriale italiano potrebbero trarre vantaggio. Filiere virtuose,
interconnesse attraverso gli strumenti di Industry 4.0 che potranno rendere
meno sensibile il gap dimensionale tra le realtà imprenditoriali.
Pensiamo che le future politiche industriali per l’Italia
debbano considerare digitalizzazione e connettività come leve abilitanti,
essenziali per l’ammodernamento e la competitività del sistema produttivo. Per
adeguare i processi di produzione e lo sviluppo di nuovi prodotti
all’affermarsi dell’internet degli oggetti e dei servizi, la futura fabbrica
intelligente dovrà basarsi su capacità di adattamento, efficienza delle risorse
ed ergonomia, integrazione dei clienti e partner commerciali nei processi di
business e di valore. Occorrerà, quindi, dare sostegno allo sviluppo di piattaforme
digitali di ultima generazione e infrastrutture condivise, che facilitino
l’adozione della produzione intelligente diffusa, nonché lo sviluppo di
competenze digitali adeguate e di una regolamentazione più smart.
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