Sembra un paradosso, ma è la realizzazione di un sogno nel
cassetto di un grande artista che ha ricoperto un ruolo importante nella storia
della mitica 2CV. Sarà un esemplare unico, come unica è sempre un'opera d'arte.
Due i protagonisti della storia: Serge
Gevin, artista, designer, grafico francese, e la 2CV. Una piccola,
economica, robusta vettura ideata da Pierre-Jules Boulanger, a capo di Citroën
negli anni Trenta, che così la sintetizzò ai suoi progettisti: “Voglio quattro
ruote sotto ad un ombrello, capace di trasportare una coppia di contadini,
cinquanta chili di patate ed un paniere
di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”.
Era il sintetico, colorito capitolato della futura 2CV, cui
lo stilista varesino Flaminio Bertoni (uno dei tre padri della futura DS)
conferirà quella linea così caratteristica, così carica di simpatia che
contribuirà a fare di questo modello una delle icone della storia
dell'automobile.
A partire dagli anni Cinquanta la piccola Citroën era
entrata nel cuore dei francesi e ciascuno la personalizzava secondo il proprio
gusto. Perché la “Deuche” (contrazione di
Deux Chevaux, ovvero Due Cavalli), come era stata soprannominata, non
era una semplice autovettura: era una tavolozza su cui disegnare se stessi, i
propri sogni, il proprio immaginario.
Una tavolozza troppo invitante per non interessare il
fantasioso Serge Gevin, titolare dell'agenzia Pink che si occupava dello studio
dell'allestimento degli stand Citroën nelle manifestazioni più importanti. Per
certi versi ricordava Flaminio Bertoni: un artista geniale “imprestato” al
mondo produttivo.
Proprio da un'idea artistica di Serge Gevin nacque, quasi
per gioco, la prima serie speciale della 2CV, denominata Spot, la cui
carrozzeria bianca – arancio riprendeva i motivi tipici delle sedie da
spiaggia. Da questa versione derivò negli anni Ottanta la 2CV Charleston,
declinata nelle scale cromatiche nero/giallo, nero/rosso, doppia tonalità di
grigio.
Al vulcanico Serge Gevin si devono serie speciali Citroën di
grande successo come la Dyane Caban, la Visa Sextant, la 2 CV Dolly … ed altre
ancora.
È rimasta invece nel cassetto dei sogni dell'artista una 2CV
davvero particolare, che lo stesso artista ci ha recentemente raccontato: “Deve
essere bianca e gialla. La scocca bianca, i parafanghi gialli, così come il
cofano posteriore e la capote. I paraurti devono essere bianchi, come le
scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote.
Sul bagagliaio c'è il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da
marinaio ed una pipa. Guardandola, si deve pensare al cielo, al mare, al sole,
alla gioia di vivere”.
Una 2CV che Citroën
Italia sta realizzando con la supervisione di Gevin in persona, partendo
dalle “ceneri” di una 2CV Club del 1982.
Sarà un raggio di …
Soleil per illuminare la lunga e gloriosa storia della piccola Deuche.
CITROËN 2CV: UNA
TAVOLOZZA SU CUI DIPINGERE I PROPRI SOGNI A QUATTRO RUOTE
La piccola bicilindrica Citroën è tra i pochi oggetti
industriali che sono divenuti icona del panorama europeo. Le sue origini vanno
ricercate alla metà degli anni '30, quando un signore di nome Pierre-Jules
Boulanger si concesse un periodo di vacanza in Auvergne. Boulanger aveva
affrontato un'impresa piuttosto difficile: tra il 1935 e la prima metà del
1936, era stato chiamato a raddrizzare i
bilanci della Citroën che nel 1934 aveva rischiato la bancarotta per realizzare
la rivoluzionaria Traction Avant, la vettura che incarnava il sogno industriale del fondatore André
Citroën. Boulanger c'era riuscito: l'azienda era in attivo e lui poteva finalmente rilassarsi. Per
farlo, scelse di trascorrere qualche giorno in Auvergne, regione vulcanica
della Francia celebre per la fertilità dei suoi terreni e quindi dedita
essenzialmente all'agricoltura.
Per scoprire che in Auvergne quasi nessuno possedeva
un'automobile Boulanger ci mise un istante! Fu allora che prese uno dei suoi
quadernini Moleskine, rigorosamente di colore nero, e vi scrisse “voglio
quattro ruote sotto ad un ombrello, capaci di trasportare una coppia di
contadini, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo
arato. Senza rompere un uovo”. Aggiunse anche un sacco di altre cose: su quanto
doveva essere economica, semplice, affidabile e sicura. Poi tornò in azienda e
consegnò il suo taccuino al suo miglior progettista, il geniale André Lefebvre,
cui affidò l'incarico di tracciare le linee dell'auto che avrebbe dovuto
sostituire la coppia di cavalli che ogni contadino usava per trasportare le sue
cose. Nacque così, nel 1939 la TPV (trés petite voiture, auto piccolissima) di
cui Boulager fece costruire 250 diversi prototipi. Si narra, che il giorno in
cui si recò alla pista prove di Citroën per visionare il lavoro dei suoi
progettisti, Boulanger avesse con se una grossa busta.
Arrivato davanti al primo prototipo, si tolse il suo
Borsalino ed indossò un grosso cappello da contadino che aveva comprato in
Auvergne. Tutti i contadini che lui aveva visto, avevano lo stesso cappello e
non se lo toglievano mai, neanche per guidare il carro con cui portavano le
proprie mercanzie.
Boulanger salì sul
primo prototipo. Il
cappello cadde. Cadde così anche
il prototipo. Alla
fine, ne rimasero una manciata.
Tra quelle fu scelta la TPV per la
produzione.
La TPV del 1939 era francamente brutta: Boulanger aveva
chiesto funzionalità più che bellezza. Aveva dei curiosi finestrini anteriori,
divisi a metà orizzontalmente. La metà superiore restava fissa, quella inferiore
si ribaltava verso l'alto, permettendo
al contadino di mettere fuori il braccio per... indicare la direzione
dove voleva svoltare. Così si faceva sui carri con i cavalli e in quell'epoca le luci
direzionali (le frecce!) erano ben poco diffuse.
Ma siamo arrivati al
1940 e sull'Europa si addensano minacciose le nuvole della Seconda Guerra
Mondiale. Le truppe naziste aggirano
la linea Maginot e valicano il
confine con la Francia. Lo stesso
giorno Boulanger da l'ordine di distruggere tutti i prototipi della TPV
perché non cadano nelle mani dei nazisti
(si scoprirà solo negli anni '80 che tre prototipi sono fortunosamente
sopravvissuti, nascosti sotto al tetto di paglia di un edificio del centro
prove Citroën). Cinque lunghi anni passeranno prima che l'Europa trovi la pace,
cinque anni durante i quali i progettisti Citroën continuano a lavorare (c'è da
fare anche la DS, oltre alla 2CV!) e sperimentare soluzioni
nuove. Nel 1945 Boulanger (finalmente!) si decide a dare alla futura 2CV un aspetto
più... gentile e convoca lo stilista italiano Flaminio Bertoni cui affida il
compito di rendere più gradevole l'aspetto della TPV. Bertoni (che ha disegnato
la Traction e più tardi farà anche DS e AMI6) ci riesce. Fa di più: dona alla
2CV una delle sue principali caratteristiche, quella carica di simpatia che da
lì in avanti ne caratterizzerà l'aspetto.
La 2CV del 1948
costa un po' di più di una coppia di equini, ma infinitamente meno di qualsiasi
altra autovettura, poi di contadini ne trasporta ben quattro, assieme alle loro
uova e patate. La sospensione, semplice e geniale, è eccellente e le uova
possono felicemente attraversare i solchi del campo arato senza diventar
frittata prima del tempo. Ma per gli standard del 1948 l'aspetto è comunque troppo
moderno, al punto di risultare sconcertante e molti giornali tuonano contro
Citroën: “nessuno comprerà mai un'auto così”.
Si sbagliano. E di grosso: il successo è talmente grande da
stupire per primo il costruttore, che non riesce ad accontentare tutte le
richieste! Viene subito diramata una circolare ai Concessionari che devono
accettare ordinativi solo da chi dimostri di non potersi permettere un'auto
“normale”. I primi clienti saranno quindi i contadini di Boulanger, i curati di
campagna, i veterinari, i maestri di scuola. Gente che deve spostarsi ma che
non ha i mezzi per comprare una Traction Avant, neanche la più economica. Anche
così, la lista si allunga in maniera spaventosa e dopo pochi giorni dalla
presentazione la lista d'attesa raggiunge... due anni e mezzo!
Come ogni Citroën, la 2CV non ha mai smesso di evolversi. Il
motore da 375cc di cui era dotata (due cavalli fiscali, ça va sans dire) è
presto passato a 425cc, per poi essere sostituito alla fine dei '60 da un'edizione completamente
nuova declinata in due
versioni di 435 e
602cc, quest'ultimo è stato prodotto (assieme alla 2CV) fino al
27 luglio 1990!
PRODUZIONE 2CV E
DERIVATE
L'assemblaggio della piccola di casa Citroën ebbe inizio nel
1948 nella fabbrica parigina di Levallois, non troppo distante dallo
stabilimento di Quai de Javel dove veniva assemblata la Traction Avant ed il
furgone HY.
La produzione industriale della 2CV ebbe però inizio nel
settembre del 1949 ed il primo modello, il tipo “A”, con motore di 375cc, fu
assemblato sino al novembre del 1960 in 128.685
unità. Nel frattempo, nell'ottobre del 1954, era partita la produzione del tipo “AZ”
(comprendente le versioni AZL, AZLM, AZA, AZAM, AZA ed AZA Export) con motore
425cc, costruite in 1.732.798 unità, sino al febbraio
1970. Nel febbraio del '70, arrivava il nuovo tipo AZA2 (anche AZ-KB e Spécial), con motore
435cc, noto commercialmente come 2CV4, prodotto in 548.038 esemplari sino al
settembre del 1978.
Sempre a febbraio
1970 ha inizio la produzione di modelli con motore 602cc (tipo AZ-KA) di
cui verranno assemblati 1.458.465
pezzi sino al 27 luglio
del 1990, quando l'ultima 2CV esce dalle catene di montaggio di
Mangualde. Completano il quadro di produzione della 2CV le 694 bimotore (4x4
Sahara) costruite tra il dicembre del 1960 ed il luglio del 1966. In totale, le
2CV assemblate sono state 3.872.583 in versione berlina, cui vanno aggiunti
1.246.306 pezzi tra veicoli commerciali e derivati.
Nata a Lavallois,
la 2CV, nelle
sue molte versioni e derivate,
è stata assemblata anche in
Belgio, Inghilterra, Portogallo, Cile, Iran, Costa d'Avorio, Argentina e
Vietnam.
Dalla 2CV hanno avuto origine i veicoli commerciali tipo
furgonetta AZU e AK, l'AMI6 berlina e break, la Dyane, la Méhari, l'AMI8 berlina
e break, l'AMI Super e la M35 (quanto a telaio), la LN (motore) e la furgonett
Acadiane.
Una famiglia di veicoli così ampia e variegata che è stata
costruita sino al luglio del 1990, adatta alle esigenze degli automobilisti di
mezzo pianeta, dall'Africa alle Americhe, dal Medio Oriente all'Indocina,
costruita sulla base di un unico progetto di assoluta genialità
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