* “Simply Clever”:
tecnologia pratica ed ecologica, orientata al Cliente * Sistemi “verdi”: modelli GreenLine e Green tec per
l’intera gamma * La mobilità per SKODA parte dalla Citigo G-TEC con emissioni
di CO2 di appena 79 g/km
* Punto di riferimento della classe compatta è la Octavia GreenLine con emissioni di CO2
di 85 g/km - * 22 modelli SKODA con
emissioni sotto i 100 g/km di CO2; 112 modelli ?KODA sotto i 120 g/km *
Offensiva a metano: la SKODA Octavia G-TEC e la SKODA Citigo G-TEC
* Una strategia globale: rispetto dell’ambiente nell’intero
ciclo di vita della vettura
Ecocompatibilità e tutela dell’ambiente sono elementi chiave
della strategia ambientale SKODA. L’obiettivo della Casa ceca è ben chiaro: una
mobilità sostenibile deve essere alla portata di tutti, a vantaggio dei singoli
Clienti e dell’ambiente. Ciò vale in particolare per i modelli GreenLine e Green tec, disponibili per
tutte le serie del Marchio. Altro importante pilastro per la strategia di
prodotti ecocompatibili è la motorizzazione a metano, ora disponibile in tre
versioni G-TEC: la Citigo G-TEC, la
Octavia G-TEC e la Octavia Wagon G-TEC.
Oltre l’attenzione a consumi ed emissioni, SKODA adotta un
approccio globale nella propria strategia di prodotti ecocompatibili: ad
esempio, misure di ampio respiro sull’intero ciclo di vita dell’automobile,
dalla fase di ricerca e sviluppo alla produzione, fino alla valorizzazione
ecologica delle vetture non più in uso. Con ambiziosi target di sostenibilità SKODA
dà un importante contributo all’obiettivo del Gruppo Volkswagen: diventare,
entro il 2018, la Casa automobilistica più ecologica a livello mondiale.
“Come Produttore internazionale, abbiamo la responsabilità
di rendere l’ambiente più vivibile e la mobilità individuale ecocompatibile”,
afferma Winfried Vahland, Presidente
SKODA. “Nel nostro settore, la tutela dell’ambiente è condizione
imprescindibile per un futuro di successo. Sin dalle prime fasi di
progettazione della nostra gamma, puntiamo con coerenza a ridurre consumi ed
emissioni, tenendo conto della problematica ambientale nell’ambito dell’intero
ciclo di vita della vettura. Per noi è assolutamente prioritario offrire ai
nostri Clienti una mobilità individuale accessibile: per questo ci concentriamo
sull’impiego di tecnologie collaudate e alla portata di tutti, orientate al
Cliente. Per noi di SKODA, mobilità individuale responsabile significa questo:
significa essere ‘Simply Clever’”, conclude Vahland.
La Octavia più
ecologica di tutti i tempi
Rappresentante di spicco della “flotta green di SKODA” è la
nuova Octavia, una classe a sé sotto ogni punto di vista, anche sul fronte
ecologico. “La nuova Octavia non è soltanto più sicura e confortevole rispetto
alle versioni precedenti, ma anche più leggera e più ecologica”, afferma Frank Welsch, Membro del Consiglio di
Amministrazione SKODA con Responsabilità per lo Sviluppo tecnico.
Rispetto al modello
precedente, le emissioni di CO2 sono state ridotte in media del 17,45%.
Soprattutto, grazie a motori benzina e Diesel di nuova concezione, al minore
coefficiente di resistenza aerodinamica cx e alla netta riduzione del peso.
Nonostante sia più grande e più potente, la nuova Octavia risulta essere fino a
102 kg più leggera rispetto alla generazione precedente. Tale risultato è stato
raggiunto puntando su un design leggero, una struttura avanzata della
carrozzeria, su acciai ad altissima resistenza e su una scelta mirata di
materiali leggeri. La riduzione del peso varia in base alla configurazione
della vettura.
La nuova SKODA
Octavia GreenLine è disponibile sul mercato europeo da fine 2013. Questo
modello, dotato di un motore 1.6 TDI 110 CV (81 kW), si accontenta di soli 3,2
l/100 km di gasolio, con emissioni di CO2 pari a 85 g/km.
Con questi dati, la Octavia GreenLine si colloca al secondo
posto, dopo la city car a metano Citigo G-TEC, nella classifica dei modelli
SKODA più ecologici. Attualmente, 22 modelli ?KODA presentano valori di
emissione inferiori a 100 g/km di CO2 mentre 112 si attestano di sotto a 120
g/km.
SKODA prosegue con
l’offensiva delle versioni a metano
La Octavia G-TEC, disponibile da giugno, si distingue per
una forte vocazione al rispetto ambientale. La motorizzazione a metano è un
pilastro importante nella strategia di eco-compatibilità del Marchio: la
Octavia G-TEC è il secondo modello a gas metano della gamma, dopo la Citigo
G-TEC. Anche la Octavia Wagon è disponibile in versione G-TEC. “La nuova
Octavia G-TEC arricchisce la nostra offerta di modelli ecologici e alla portata
di tutti”, afferma Welsch. La Octavia G-TEC e la Octavia Wagon G-TEC offrono di
serie il pacchetto Green tec (sistema Start/Stop e di recupero dell’energia in
frenata).
La nuova Octavia a metano non teme davvero confronti quanto
ad autonomia: grazie a un motore 1.4 TSI/110 CV (81 kW) raggiunge, infatti, i
1.330 km con il pieno di carburante. Il motore a doppia alimentazione può
essere rifornito tanto a metano, quanto a benzina. In modalità ad alimentazione
a metano, la vettura ne consuma 5,4 m3 (3,5 kg) per 100 km, a fronte di
emissioni di CO2 di soli 97 g/km. Con un pieno di metano dei due serbatoi, è
quindi possibile percorrere fino a 410 km. Quando i serbatoi del gas sono
vuoti, il motore commuta poi automaticamente sulla modalità benzina, con un’autonomia
complessiva di 920 km.
La prima vettura a gas metano della Casa ceca è stata la
?KODA Citigo G-TEC, lanciata a fine 2012. Quest’utilitaria ecologica consuma
appena 4,4 m3 (2,9 kg) di metano ogni 100 km, a fronte di emissioni di CO2 di
soli 79 g/km. A oggi (situazione al 31/03/2014), ?KODA ha già consegnato ai
Clienti 1.900 esemplari di questo modello.
Tutela dell’ambiente
a 360°, dalla progettazione al riciclo
Nel Reparto Ricerca e Sviluppo SKODA, si punta a rendere
ogni nuova generazione più efficiente del 10–15% rispetto alla precedente.
L’esempio concreto della nuova Octavia dimostra che lo scopo è stato raggiunto:
aumenta l’efficienza dei motori mentre il peso della vettura è stato
significativamente ridotto. Nelle fasi di progettazione della nuova
carrozzeria, gli ingegneri hanno dato il massimo, rendendola più leggera pur
nel rispetto dei più severi requisiti di resistenza ai crash test. Circa un
quarto della carrozzeria, porte e cofani esclusi, è ora costituito da acciai
leggeri ad altissima resistenza sagomati a caldo. Sulla Octavia di seconda
generazione la quota di componenti sagomati a caldo era pari a circa il 6,3%.
Oltre a tutto ciò, SKODA si adopera per accrescere la
sostenibilità della produzione delle vetture: “Puntiamo a produrre le nostre
auto con il minore consumo possibile di risorse. Grazie a un insieme di misure,
riduciamo al minimo l’impatto ambientale della nostra produzione”, afferma Michael Oeljeklaus, Membro del Consiglio di
Amministrazione SKODA con Responsabilità per la Produzione e la Logistica.
“L’obiettivo è ben chiaro: entro il 2018, negli stabilimenti
?KODA, l’ecocompatibilità della produzione dovrà migliorare del 25% rispetto al
2010. In concreto, ciò si traduce in una riduzione del 25%, in termini di
consumi energetici e di acqua, quantità di materiali di scarto ed emissioni di
CO2 e C.O.V. (Composti Organici Volatili), per ciascuna vettura prodotta”,
prosegue Oeljeklaus.
Dal 2010 al 2013, i consumi energetici per vettura prodotta
sono già stati ridotti del 5%; nello stesso periodo, le emissioni in atmosfera
per singolo veicolo sono scese di oltre il 15%. Quanto alle emissioni dirette
di CO2 e al volume di materiali di scarto per vettura, entrambi i valori sono
scesi del 30%.
SKODA investe costantemente in nuove tecnologie, per essere
sempre all’avanguardia. Esempi attuali di una maggiore sostenibilità nella
produzione sono l’impianto di cogenerazione nello stabilimento SKODA di Kvasiny
e l’impiego di biomasse per la generazione di calore ed energia nello
stabilimento di Mladá Boleslav.
Oltre al focus sulle nuove tecnologie, per SKODA è
importante anche il coinvolgimento dei dipendenti nel progetto, i quali possono
suggerire miglioramenti ecosostenibili e contribuire alla loro realizzazione.
La responsabilità della SKODA, peraltro, non si esaurisce
con la produzione e la vendita di una vettura. Grande importanza riveste la
valorizzazione di auto non più in uso (riciclo). Tutte le ?KODA di nuova
immatricolazione soddisfanno le quote previste dall’Unione Europea dal 2015:
85% di riciclo e 95% di valorizzazione (valori riferiti al peso a vuoto della
vettura). Se “riciclo” è sinonimo di rigenerazione dei materiali di scarto, il
termine “valorizzazione” indica la possibilità di lavorare i materiali di
scarto per ottenerne di nuovi.
Nei Paesi dell’Unione Europea, SKODA ritira gratuitamente le
vetture non più in uso, avviandole poi alla valorizzazione. A tale scopo, il
Marchio si affida a una fitta rete di aziende partner specializzate nel
riciclo. In Repubblica Ceca, i Clienti possono restituire anche singoli
componenti di vetture non più utilizzabili, ad esempio batterie, oli o vecchi
pneumatici. Nel solo 2013, i partner autorizzati della Repubblica Ceca hanno
ritirato circa 3.700 vetture non più in uso, oltre a 760 tonnellate di oli
esausti, 740 tonnellate di batterie e circa 470 tonnellate di vecchi
pneumatici.
VERSIONI A METANO SKODA:
TRE MODELLI A DOPPIA ALIMENTAZIONE
* A giugno il lancio della prima Octavia con motorizzazione
a metano di serie: 97 g/km di CO2
* Tecnologia ai massimi livelli: il motore turbo a doppia
alimentazione 1.4 TSI/110 CV (81 kW) * Fino a 1.330 km di autonomia con
alimentazione a gas metano e a benzina
* Dal 2012 la ?KODA Citigo G-TEC è un grande successo; soli
79 g/km di CO2
Nell’ampliamento della propria famiglia di modelli
ecologici, SKODA punta sempre più sulle vetture a metano. A giugno è previsto
il lancio della nuova Octavia G-TEC nella versione berlina e Wagon. L’offerta
di modelli a gas metano del Marchio arriverà quindi a tre modelli. Già da fine
2012, l’utilitaria Citigo a metano è disponibile sui mercati europei .
“La motorizzazione a metano è un pilastro importante nella
nostra strategia di sostenibilità ambientale e rende la nostra gamma ancora più
ecologica”, afferma Frank Welsch, Membro
del Consiglio di Amministrazione SKODA con Responsabilità per lo Sviluppo
tecnico. “Il gas metano è un sistema di alimentazione intelligente per
propulsori ecologici oltre che attualmente disponibile a un buon rapporto
prezzo/prestazioni. In questo modo rispondiamo a ciò che i nostri Clienti ci
chiedono: vetture ecologiche, economiche e nel contempo alla portata di tutti”,
afferma Welsch.
Il lancio sul mercato della Octavia G-TEC e della Octavia
Wagon G-TEC avverrà per fasi successive, a partire da giugno 2014, nei seguenti
Paesi europei: Belgio, Danimarca, Germania, Finlandia, Francia, Italia,
Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Austria, Svezia, Svizzera, Slovacchia,
Slovenia e Repubblica Ceca.
Il motore turbo a
doppia alimentazione 1.4 TSI/110 CV (81 kW) Green tec con autonomia massima di
1.330 km
La nuova SKODA Octavia G-TEC, nelle versioni berlina e
Wagon, monta un motore turbo 1.4 TSI. Il propulsore eroga 110 CV (81 kW) di
potenza e può funzionare sia a benzina, sia a gas metano (CNG: Compressed Natural
Gas). Entrambe le versioni a metano della Octavia offrono di serie il pacchetto
Green tec, che comprende dotazioni tecniche quali sistema Start/Stop e di
recupero dell’energia in frenata. Questo moderno propulsore soddisfa la norma
Euro 6, che entrerà in vigore da settembre 2014.
In modalità di alimentazione esclusivamente a gas metano, la
Octavia G-TEC e la Octavia Wagon G-TEC sono in grado di percorrere fino a 410
km. I consumi sono pari a 5,4 m3 (3,5 kg) di metano ogni 100 km, a fronte di
emissioni di CO2 di soli 97 g/km. Con la sola alimentazione di benzina, si
raggiungono 920 km di autonomia. Con un pieno di tutti i serbatoi, la Octavia
G-TEC può quindi percorrere fino a 1.330 km.
Una simile efficienza nei consumi non compromette in alcun
modo il piacere di guida: la coppia massima di 200 Nm viene, infatti, raggiunta
fra 1.500 e 3.500 giri. La Octavia G-TEC berlina passa da 0 a 100 km/h in 10,9
secondi raggiungendo una velocità massima di 195 km/h.
Il motore a doppia alimentazione può funzionare sia a gas
metano, sia a benzina. L’elettronica della vettura valuta costantemente
determinati parametri (temperatura del liquido di raffreddamento, qualità del
gas metano nei serbatoi), determinando la modalità di alimentazione da
utilizzare. Se la temperatura del liquido di raffreddamento è inferiore a -10°
C (avviamento a freddo), alla partenza viene dapprima iniettata benzina; la
vettura passa quindi alla modalità di alimentazione a metano dopo 90–120
secondi circa. Negli altri casi, anche all’avviamento, vale la regola:
“Precedenza al metano!”. Soltanto quando i serbatoi del gas sono vuoti, la
vettura passa automaticamente all’alimentazione a benzina. Il serbatoio della
benzina ha una capacità di 50 litri.
La capacità complessiva dei due serbatoi del metano è di
massimo 97 litri (15 kg) di metano, a una pressione di 200 bar. I serbatoi sono
montati sotto il pianale, su uno speciale telaio posto sotto il fondo del
bagagliaio. I tecnici ?KODA hanno risparmiato spazio eliminando il vano per la
ruota di scorta e sollevando leggermente il pianale del bagagliaio. Il
posizionamento dei serbatoi non pregiudica minimamente l’abitabilità interna:
anche la Octavia a metano, quindi, primeggia quanto a spaziosità
dell’abitacolo, rispettivamente di 460 litri (berlina) e 480 litri (Wagon).
Le ottimizzazioni tecnologiche al motore per l’impiego a
doppia alimentazione
Per il sistema a doppia alimentazione, il propulsore è stato
dotato ad esempio di una nuova centralina, che presiede al funzionamento delle
due modalità di alimentazione gestendo, tra l’altro, anche gli ugelli del gas
metano. Sulla barra di distribuzione del gas è presente un sensore di
temperatura e pressione. È stata inoltre adattata alla modalità a gas metano
l’apertura valvole dell’albero a camme.
Poiché il metano ha una minore capacità di lubrificazione
rispetto alla benzina, sono state modificate anche le guide e le pinze delle
valvole di aspirazione e di scarico. Sempre sulle valvole di scarico, è stata
modificata la guarnizione degli steli. Per un’accensione ottimale del gas
metano, sono state adottate candele con grado termico armonizzato.
I tecnici della Casa ceca hanno inoltre ottimizzato la zona
della turbina e la caratteristica di regolazione del turbocompressore. La nuova
composizione e le nuove dimensioni dello strato catalitico nel catalizzatore a
tre vie influiscono positivamente sui valori di emissioni della SKODA Octavia
G-TEC.
L’assetto della vettura è stato adattato considerando il
peso aggiuntivo dei serbatoi del metano e la diversa ripartizione. L’assetto si
basa su un’asse posteriore con sospensioni multilink e sospensioni anteriori
MacPherson.
SKODA Citigo G-TEC:
consegnate già oltre 1.900 vetture
Da ottobre 2012, l’utilitaria Citigo è disponibile in
versione a metano. Questa city car si fa notare grazie a comfort, sicurezza e
prestazioni contenute nei consumi.
I consumi si attestano, infatti, su appena 4,4 m3 (2,9 kg)
di metano ogni 100 km, a fronte di emissioni di CO2 di soli 79 g/km;
l’autonomia complessiva è pari a 620 km (400 km in modalità a gas e 220 km in
quella a benzina). Come sulla Octavia G-TEC, anche su questo modello si trovano
due serbatoi collocati sotto il pianale, per ridurre al minimo l’ingombro,
direttamente accanto al serbatoio della benzina da 10 litri.
I trend di vendita della Citigo G-TEC sono positivi: dal
lancio sul mercato, ?KODA ha già consegnato ai propri Clienti oltre 1.900
esemplari di questa vettura, 1.300 dei quali nel solo 2013. La Citigo G-TEC è
particolarmente apprezzata in Germania, Italia, Repubblica Ceca, Svezia e Paesi
Bassi.
In Germania, lo scorso anno, la Citigo G-TEC è stata
nominata Vettura più ecologica dell’anno dalla VCD (Associazione tedesca per la
mobilità sostenibile), insieme alle sorelle del Gruppo Volkswagen Eco up! e
SEAT Mii Ecofuel. La VCD ha valutato, oltre a consumi di carburante ed
emanazioni di CO2, anche le emissioni acustiche e di sostanze nocive. Per il
riconoscimento, l’Associazione ha esaminato 300 diversi modelli di autovetture.
Sempre lo scorso anno, la Citigo G-TEC ha fatto notizia con
un particolare record raggiunto: ad agosto 2013, con la Citigo a metano, il
campione austriaco specialista in imprese all’insegna del risparmio di
carburante, Gerhard Plattner, ha percorso in cinque giorni il tragitto da
Vicenza a Stoccolma con un consumo medio di 2,39 kg di metano ogni 100 km,
spendendo appena 81,24 Euro di carburante per l’intero percorso di 2.619 km.
Con Citigo, la Casa ceca è entrata a fine 2011 nella classe
delle utilitarie, un segmento in forte espansione. La Citigo non è soltanto una
vettura ecocompatibile: è anche sicura. Insieme alla Volkswagen up! e alla SEAT
Mii, è stata, infatti, la prima utilitaria in assoluto a ottenere le cinque
stelle nel crash test Euro NCAP. Nel 2013, ?KODA ha consegnato ai propri
Clienti 45.200 Citigo, con una crescita del 51% rispetto all’anno precedente.
Il metano come
alternativa ecologica ed economica
Il metano è un carburante pulito: le emissioni allo scarico
non sono soltanto inodori, ma contengono anche minori sostanze dannose rispetto
a quelle dei motori a benzina o Diesel. Inoltre, il favorevole rapporto
carbonio-idrogeno del metano riduce le emissioni di biossido di carbonio in
fase di combustione: le emissioni totali di CO2 risultano inferiori fino al 23%
rispetto alle motorizzazioni benzina e la quota di idrocarburi contenenti nel
metano è inferiore addirittura del 73%. Rispetto a un motore benzina
paragonabile, in modalità ad alimentazione metano viene prodotto circa l’80% in
meno di monossido di carbonio e di ossidi di azoto. Grazie al sistema chiuso,
non si registrano inoltre emissioni durante il rifornimento.
Altro vantaggio delle vetture a metano sono i costi
d’esercizio nettamente inferiori: in base al mercato, il metano è fino al 60%
più conveniente della benzina e circa al 40% del Diesel. In alcuni Paesi
europei, inoltre, sono previste agevolazioni fiscali per l’acquisto di veicoli
a metano.
In sintesi, il gas metano offre grandi opportunità per una
mobilità ecocompatibile. Un esempio del crescente orientamento verso questo
tipo di carburante sono i Paesi Bassi, dove negli ultimi anni molte città e
numerosi comuni hanno convertito completamente al metano il parco dei loro
autobus urbani. Ma anche fra le vetture private si registra un forte trend a
favore del metano: sulle strade dei Paesi Bassi circolano già 8.000 veicoli di
questo tipo. La rete nazionale di approvvigionamento di questo carburante si fa
inoltre sempre più capillare, con già ben 130 distributori presenti sul
territorio.
Oltre a tutto ciò, i Paesi Bassi saranno la prima nazione al
mondo a produrre come biogas il 100% del metano rivenduto al pubblico. Il
biometano non proviene da fonti fossili, ma è ottenuto da sostanze biogene.
Negli attuali 250 impianti a biogas vengono prodotti annualmente 750 milioni di
metri cubi di metano, mediante la fermentazione delle biomasse: una quantità
sufficiente per rifornire 800.000 vetture, ossia il 10% circa degli 8 milioni
di veicoli attualmente circolanti nei Paesi Bassi.
Il prossimo passo? La produzione del cosiddetto “Green Gas”,
che grazie alla tecnologia “Power-to-gas”, ottiene metano a CO2 sintetico da
idrogeno e CO2, (E-Gas). L’energia necessaria al processo proviene da fonte
eolica o solare in eccesso. In futuro potrebbe quindi essere possibile produrre
E-Gas in quantità praticamente illimitate e utilizzarlo per la mobilità.
GRANDE EFFICIENZA: I
MODELLI SKODA GREENLINE E GREEN TEC
SKODA offre 11 modelli GreenLine e 79 modelli Green tec - La Octavia più efficiente di tutti i tempi:
in versione GreenLine consuma 3,2 l di Diesel/100 km con emissioni di CO2 pari
a 85 g/km - La Citigo G-TEC con pacchetto Green tec emette solamente 79 g/km di
CO2
Per l’intera gamma di prodotti, SKODA mette a disposizione
una ricca offerta di modelli GreenLine e Green tec, parchi nei consumi e dalle
basse emissioni. I modelli GreenLine sono disponibili per sei delle sette serie
di modelli SKODA. L’eccezione è rappresentata dalla Citigo, offerta però nella
variante a metano. Il modello GreenLine più efficiente è la Octavia, nella
versione più ecologica di tutti i tempi, con consumi a 3,2 l/100 km di Diesel
ed emissioni di CO2 pari a 85 g/km. Il pacchetto Green tec può essere ordinato
per l’intera gamma ?KODA.
“Ci impegniamo al massimo per ridurre ulteriormente i
consumi e le emissioni di CO2 delle nostre auto. I modelli SKODA rientrano già
tra i veicoli più contenuti nei consumi sul mercato, a fronte di prezzi
accessibili per tutti, in particolare grazie alle versioni GreenLine e il
pacchetto Green tec disponibile per tutte le serie di modelli”, così Frank
Welsch, Membro del Consiglio di Amministrazione SKODA con Responsabilità per lo
Sviluppo Tecnico.
?KODA utilizza il nome GreenLine dal 2008 per indicare la
variante a consumi contenuti di una serie di modelli. Ad eccezione della ?KODA
Citigo (disponibile con motorizzazione a metano), il Marchio della Freccia
Alata offre una versione GreenLine per ogni serie, dalla Fabia alla Superb.
Tra le caratteristiche importanti delle vetture GreenLine
(disponibili esclusivamente con moderni motori Diesel TDI dedicati) si
ricordano sistema Start/Stop, recupero dell’energia in frenata e pneumatici con
resistenza al rotolamento ottimizzata, senza dimenticare le ottimizzazioni a
livello di aerodinamica, catena cinematica e peso. Il risultato di queste
misure sono valori di consumi ed emissioni notevolmente ridotti. Un tratto
distintivo è rappresentato dalla targhetta applicata alla calandra del
radiatore e al portellone.
Il pacchetto di allestimenti Green tec è disponibile per
diverse motorizzazioni: a richiesta per la serie di modelli Citigo, Fabia, Roomster e Rapid; nella
serie Octavia, Yeti e Superb è presente con motorizzazioni specifiche. Il
pacchetto Green tec comprende sistema Start/Stop, recupero dell’energia e
pneumatici con resistenza al rotolamento ottimizzata. Attualmente il pacchetto
Green tec è offerto per 79 vetture ?KODA.
La versione di punta della gamma GreenLine è rappresentata
dalla nuova ?KODA Octavia, che monta un motore Diesel 1.6 TDI 110 CV (81 kW)
con cambio manuale a sei rapporti. La vettura emette appena 85 g di CO2/km con
un consumo medio pari a soli 3,2 l/100 km.
La Fabia GreenLine è uno dei modelli più parchi nei consumi
nel suo segmento. La vettura, che monta motore 1.2 TDI 75 CV (55 kW) e cambio
manuale a cinque rapporti, consuma solo 3,4 l/100 km nel ciclo combinato, a
fronte di emissioni di CO2 pari a soli 88 g/km. La ?KODA Fabia Wagon GreenLine
registra gli stessi valori.
I nuovi modelli compatti SKODA Rapid GreenLine e Rapid
Spaceback GreenLine registrano valori di consumi ed emissioni particolarmente
bassi. Entrambe le vetture sono dotate di motore Diesel 1.6 TDI 90 CV (66 kW) e
cambio manuale a cinque rapporti e consumano solo 3,8 l/100 km. Le emissioni di
CO2 si attestano su 99 g/km.
?KODA Roomster GreenLine con motore 1.2 TDI 75 CV (55 kW) e
cambio manuale a cinque rapporti consuma 4,2 l/100 km con emissioni di CO2 che
si attestano su 109 g/km.
La SKODA Yeti è
stata sottoposta a un restyling completo nel 2013. La nuova Yeti 1.6 TDI 105 CV
(77 kW) GreenLine è dotata di cambio manuale a cinque rapporti. Nel ciclo
combinato consuma 4,6 litri di Diesel ogni 100 chilometri, a fronte di
emissioni di CO2 pari a 119 g/km.
A metà 2013, SKODA ha presentato per la prima volta la nuova
SKODA Superb, completamente rivisitata. L’ammiraglia del Marchio della Freccia
Alata nella versione GreenLine colpisce per i consumi di 4,2 l/100 km nel ciclo
combinato ed emissioni di CO2 pari a 109 g/km. Superb Wagon GreenLine con
cambio manuale a sei rapporti consuma 4,3 l/100 km, con emissioni di CO2 pari a
113 g/km. Sotto il cofano della versione GreenLine della Superb, berlina e
Wagon, è montato un motore Diesel 1.6 TDI con una potenza di 105 CV (77 kW). La Citigo
non è disponibile nella versione GreenLine. Tuttavia, per l’utilitaria è
possibile scegliere la motorizzazione a metano, particolarmente ecologica.
GREENFUTURE: SKODA
INTENDE DIVENTARE ANCORA PIÙ SOSTENIBILE
La strategia GreenFuture riunisce misure per raggiungere una
maggiore ecocompatibilità
Tre pilastri:
GreenProduct, GreenFactory e GreenRetail
GreenProduct:
ridurre ulteriormente i consumi e le emissioni delle vetture
GreenFactory:
rendere la produzione più ecocompatibile del 25%
GreenFuture come
pilastro fondamentale della strategia ambientale del Gruppo Volkswagen fino al
2018
La strategia ambientale GreenFuture, partita a inizio 2013,
riunisce tutte le misure per raggiungere una maggiore sostenibilità. Il Marchio
della Freccia Alata mira a realizzare tre obiettivi: non solo a ridurre
ulteriormente i consumi e le emissioni di CO2 dei suoi modelli, ma anche a
rendere del 25% ancora più ecologica l’intera produzione entro il 2018. Il
terzo obiettivo, GreenRetail, è rappresentato dalla politica ambientale
adottata dai concessionari e dalle officine SKODA. GreenFuture è parte
integrante della strategia di crescita 2018 della SKODA e della strategia
ambientale del Gruppo Volkswagen.
“GreenFuture è un approccio sistematico attuato dalla ?KODA
per un maggiore rispetto dell’ambiente”, afferma Winfried Vahland, Presidente
della SKODA. “Questo modo di pensare green interessa tutti nell’Azienda: dallo
sviluppo alla vendita, passando per la produzione e il prodotto. Non vogliamo
solo costruire modelli particolarmente ecologici, ma anche produrli e venderli
nel modo più sostenibile possibile. GreenFuture è una dichiarazione ambientale
chiara e concretamente misurabile adottata dall’intera azienda e da tutti i
suoi collaboratori e rappresentanti. La sostenibilità in tutti i settori di
attività è parte della nostra strategia di crescita e, nel contempo,
contribuisce in modo significativo all’obiettivo del Gruppo Volkswagen di diventare
entro il 2018 la Casa automobilistica più ecologica al mondo”, prosegue
Vahland.
La filosofia “GreenFuture” SKODA si basa su tre pilastri:
GreenProduct, GreenFactory e GreenRetail. La produzione è il cuore di tutto.
Entro il 2018, SKODA renderà del 25% più ecologica la sua produzione.
GreenFactory si concentra su variabili come il consumo di energia e acqua o la
quantità di rifiuti derivanti dalla realizzazione di ogni vettura. Si mira a
ridurre di un quarto anche le emissioni di CO2 e dei cosiddetti C.O.V.
(composti organici volatili), provenienti per esempio dalla verniciatura della
carrozzeria.
Negli ultimi anni, la Casa ceca ha fatto importanti passi
avanti. Basti pensare che, dal 2010 al 2013, i consumi energetici sono stati
ridotti del 5% circa per ogni vettura prodotta. Nello stesso periodo, le
emissioni totali di C.O.V. nell’atmosfera sono scese del 15% per ogni veicolo.
Le emissioni di CO2 e la quantità di rifiuti derivanti dalla produzione delle
singole automobili sono diminuite di oltre il 30%.
La Casa ceca è inoltre riuscita a ottenere un notevole
risparmio energetico nella produzione introducendo, ad esempio, il nuovo
impianto di cogenerazione nello stabilimento di Kvasiny. In un impianto di
cogenerazione l’energia viene sfruttata una sola volta per produrre corrente e,
nel contempo, calore. L’installazione, in funzione dal 2013, consente una
riduzione annuale del 10% delle emissioni di CO2 del centro di produzione
boemo, pari a 8.000 tonnellate di CO2 in meno. La stessa quantità è generata,
per esempio, dalla combustione di 300 vagoni di carbone. L’impianto di
cogenerazione è stato definito il “progetto ambientale dell’anno in Repubblica
Ceca” dal Ministro del Commercio e dell’Industria.
Un fattore importante nella produzione attenta all’ambiente
è rappresentato dall’approvvigionamento di calore ed energia: ecco perché lo
scorso anno lo stabilimento ?KODA di Mladá Boleslav è passato dal carbone alle
biomasse. Le emissioni di CO2 nel processo produttivo sono scese di circa
45.000 tonnellate l’anno.
Oltre al focus sulle nuove tecnologie, per ?KODA è
importante anche il coinvolgimento dei dipendenti nel progetto, i quali possono
suggerire miglioramenti ecosostenibili e contribuire alla loro realizzazione.
?KODA anticipa i tempi anche in fatto di consumi ed
emissioni della sua gamma di modelli. GreenProduct riunisce tutte le misure
necessarie per raggiungere questo obiettivo.
Attualmente sono disponibili 22 modelli ?KODA con valori
delle emissioni inferiori a 100 g CO2/km. La Casa automobilistica offre altre
112 vetture con emissioni inferiori a 120 g CO2/km. In particolare i modelli
?KODA GreenLine e Green tec si distinguono per l’importante efficienza. Con
l’introduzione del modello Citigo, dal 2012 ?KODA vende per la prima volta una
vettura a metano, che produce solo 79 g di CO2 al chilometro.
Il terzo pilastro della strategia di sostenibilità di ?KODA
è GreenRetail, che si concentra sulla tutela ambientale da parte delle
concessionarie e delle officine. A questo proposito vengono, ad esempio, eseguiti
regolari audit ambientali in cui viene controllato il rispetto degli standard
di sostenibilità. Iniziative come quella denominata “Pulizie di primavera”
delle concessionarie ?KODA della Repubblica Ceca: le concessionarie si sono
liberate di circa 95 tonnellate di materiale inutilizzabile o di scarto, di cui
quasi il 90% è stato riutilizzato.
La tutela ambientale ricopre un ruolo di primaria importanza
per ?KODA. Uno speciale team “GreenFuture” riferisce direttamente al Consiglio
di Amministrazione dell’Azienda. Nel frattempo, la Casa ceca punta sulla
collaborazione attiva dei circa 25.800 dipendenti. Un esempio del forte impegno
profuso dalla squadra ?KODA è rappresentato dall’iniziativa “Un albero per ogni
auto venduta in Repubblica Ceca”: dal 2007 la Casa Automobilistica pianta un
albero per ogni vettura venduta nel proprio Paese d’origine e a oggi, sono è
stata raggiunta la quota di 423.000 piante.
BIOMETANO: UN
CARBURANTE INTERESSANTE
Motori a combustione interna alimentati a gas presenti già
150 anni fa
Emissioni di polveri sottili notevolmente ridotte
Efficace protezione dell’atmosfera
Soluzioni flessibili, tecnologia collaudata
Il biometano promette una mobilità a emissioni zero grazie a
una tecnologia sperimentata. I motori benzina odierni richiedono solo piccole
trasformazioni per funzionare a biogas. Le vetture che ?KODA offre già nella
versione a metano possono essere rifornite tranquillamente anche con biometano.
Rispetto alle vetture con motore benzina, i modelli a gas emettono una quantità
molto minore di biossido di carbonio per chilometro sin dalla produzione.
Il gas è stato il primo propellente utilizzato nei motori a
combustione. Prima ancora che Carl Benz e Gottlieb Daimler sviluppassero il
motore a benzina, Etienne Lenoir nel 1862 in Francia e Nikolaus Otto (da cui
prende il nome il motore a ciclo Otto) nel 1863 in Germania avevano già
costruito propulsori a gas. Le Case automobilistiche di tutto il mondo hanno un’esperienza
decennale nell’utilizzo del gas naturale come carburante: già cinquant’anni fa
l’amministrazione comunale di Tokyo stabilì che i taxi della capitale
giapponese potessero essere alimentati solo a metano. Allora il motivo era la
lotta all’inquinamento atmosferico. Il gas naturale brucia a temperature più
elevate, per cui l’alimentazione a metano aumenta il rendimento del motore.
Inoltre si riducono le emissioni d’idrocarburi non combustibili, che inquinano
l’aria.
Le prime vetture a metano erano modelli a benzina
convertiti. La trasformazione era visibile aprendo il bagagliaio, che perdeva
in parte la sua funzione primaria dovendo accogliere la bombola del gas
installata a posteriori. Oggi la motorizzazione a metano offre notevoli
vantaggi. La sigla CNG, abbreviazione di gas naturale compresso, denomina il
metano contenuto in un serbatoio a pressione che in genere viene montato nel
sottoscocca, per cui la capienza del bagagliaio rimane quasi invariata.
Più pulito fin dal principio
Le vetture a gas emettono una quantità molto minore di
sostanze nocive rispetto ai modelli con trazione a benzina o Diesel,
soprattutto grazie al minor contenuto di carbonio rispetto ai carburanti
tradizionali. Il gas naturale è costituito principalmente da metano, le cui molecole
sono formate da un atomo di carbonio e quattro molecole d’idrogeno; poiché il
contenuto d’idrogeno è, in proporzione, quasi doppio rispetto a quello della
benzina, risulta evidente che la combustione del gas naturale produce in primo
luogo vapore acqueo e solo secondariamente biossido di carbonio.
Al contrario, i motori a combustione alimentati con
carburante tradizionale emettono quantità maggiori di monossido di carbonio,
che nei motori moderni viene reso innocuo grazie all’impiego di catalizzatori.
Questi catalizzatori però non riescono a impedire che le emissioni in
atmosfera, oltre a biossido di carbonio, contengano anche carbonio non combusto
sotto forma di fuliggine.
Fermentazione in assenza di aria
Le vetture a gas offrono soprattutto la possibilità
dell’alimentazione a biometano, spesso chiamato semplicemente biogas. Il
prefisso “bio” indica che il gas viene generato da processi vegetali, e quindi
non proviene da giacimenti fossili sotterranei. Dal punto di vista chimico non
vi è praticamente alcuna differenza tra gas “minerale” e gas biologico.
Ciò è dovuto al fatto che in linea di principio il processo
generativo è identico. Il metano, componente principale del gas naturale, si
forma dalla fermentazione dei carboidrati in assenza di aria. Questo
procedimento senza apporto di ossigeno viene detto anaerobico. Al contrario, la
decomposizione di biomassa a cielo aperto dà luogo alla cosiddetta
fermentazione aerobica. In questo caso l’ossigeno partecipa in larga misura
alla reazione, per cui il carbonio presente nella biomassa si ossida
trasformandosi completamente in biossido di carbonio e la massa che rimane è
scarsamente combustibile.
Nel caso della decomposizione (o fermentazione, chimicamente
equivalenti) in assenza di aria, invece, i batteri coinvolti sottraggono alla
biomassa solo una parte del carbonio contenuto, producendo metano e biossido di
carbonio. Poiché il biossido di carbonio non è combustibile, in fase di
produzione del carburante deve essere eliminato dal gas, indipendentemente dal
fatto che la sostanza di partenza sia gas fossile o biogas.
Il ciclo più corto evita l’inquinamento
Nel bilancio ecologico del gas naturale tradizionale il
biossido di carbonio generato dalla combustione ha un effetto inquinante
perché, anche se il carbonio in esso contenuto ha origine dalle piante che lo
hanno sottratto all’atmosfera, come per la benzina e il gasolio si tratta di
una cosa avvenuta oltre venti milioni di anni fa, essendo tutti carburanti
fossili. Quindi, secondo la maggior parte degli scienziati, la combustione di
gas naturale e combustibili simili causa un accumulo di biossido di carbonio in
atmosfera contribuendo al riscaldamento del clima terrestre.
Al contrario, la combustione di gas generato
dall’agricoltura emette comunque biossido di carbonio in atmosfera, ma questo
praticamente reintegra il biossido di carbonio prelevato dall’atmosfera solo
poco tempo prima, più precisamente nella fase di crescita delle piante che
hanno fornito la materia prima per il biogas, quindi la combustione di gas
generato dall’agricoltura non ha essenzialmente effetto sul clima.
Un altro pregio della generazione di metano dall’agricoltura
sta nella sua redditività: mentre la produzione di corrente da biomasse è
vantaggiosa principalmente solo grazie alle sovvenzioni statali, gli
agricoltori che forniscono carburante per motori possono guadagnare
direttamente dalla vendita, senza dover ricorrere a sussidi pubblici
consistenti, affermano istituzioni come ad esempio l’Università olandese di
Wageningen, la quale ospita un centro di ricerca sulle bioenergie.
Semplice conversione,
tecnologia collaudata
Tra i fattori che rendono questo gas una valida alternativa
come carburante per autoveicoli è decisivo il fatto che viene utilizzata una
tecnologia collaudata. Ad esempio, le vetture a benzina già esistenti possono
essere convertite per l’alimentazione a gas senza grosse difficoltà. A tal fine
è necessario adattare il meccanismo di comando valvole nel motore, in modo che
sia compatibile con la maggiore temperatura e la minore durata della fase di
combustione. Essenzialmente si tratta di sostituire le valvole di serie con
valvole resistenti a temperature più elevate.
Il montaggio a posteriori di un serbatoio del gas è
un’operazione di routine per le officine specializzate, soprattutto perché tali
serbatoi sono prodotti in serie già da qualche tempo. Anche la procedura di
rifornimento è collaudata, sia per quanto riguarda la generazione di pressione
nel serbatoio sulla vettura, che raggiunge i 200 bar in modo che il gas abbia
una densità energetica pari a quella di un carburante liquido, sia per quanto
riguarda la pistola di rifornimento, standardizzata da lungo tempo e adatta per
tutte le vetture a gas circolanti in Europa.
Soluzioni flessibili
Per un’alimentazione di carburante ancora più affidabile, SKODA
costruisce le vetture G-TEC come modelli cosiddetti a doppia alimentazione
(metano e benzina). A seconda della progettazione il serbatoio della benzina
può avere una capacità compresa tra i 10 e i 50 litri. Una scorta minima di
benzina serve principalmente a proteggere il motore nel funzionamento a freddo,
mentre un serbatoio di benzina più grande aumenta l’autonomia della vettura.
Viaggiare in auto grazie all’energia del vento e del sole
Le vetture a gas possono proteggere il clima anche in altri
modi. La cosiddetta tecnologia “Power-To-Gas”, attualmente in fase di
sperimentazione, permette in linea di principio di utilizzare l’energia
generata dal vento o dal sole per scomporre le molecole di acqua in ossigeno e
idrogeno. Teoricamente l’idrogeno così ottenuto può alimentare anche motori a
combustione. In pratica però accumulare idrogeno è molto difficoltoso, perché
l’idrogeno forma molecole tra le più piccole della chimica terrestre e può
attraversare anche pori microscopici.
Pertanto il processo “Power-To-Gas” prevede un secondo
passaggio durante il quale l’idrogeno ottenuto viene combinato con il biossido
di carbonio in atmosfera per generare ancora una volta metano, che può essere
immesso nella rete di distribuzione del gas naturale. In questo modo, oltre a
non esaurire le fonti di energia fossili si sottrae anidride carbonica
all’atmosfera e si riesce ad accumulare in modo pratico l’energia generata da
vento e sole. Anche i proprietari di vetture a gas naturale ne trarrebbero
vantaggio, perché potrebbero fare rifornimento con il metano così ottenuto.
ALLA RICERCA DEL
BIOCARBURANTE DEL FUTURO
Gas dall’erba: una soluzione possibile
Distributori di gas a livello di infrastruttura
decentralizzata
Sviluppo di processi pilota
Possibilità di utilizzo per l’immissione in rete, come
carburante e per la produzione di elettricità
I ricercatori olandesi cercano nuove vie per utilizzare
l’energia rinnovabile per la mobilità individuale. L’Istituto sperimentale
dell’Università di Wageningen, presso Amsterdam, è un centro primario nel campo
della ricerca sui biogas. Dal 2007 gli scienziati che lavorano presso
l’Istituto conducono studi sull’utilizzo di materiali di scarto
dell’agricoltura come fonti energetiche. Oltre ai benefici ambientali,
potrebbero derivare vantaggi sia per gli agricoltori sia per gli automobilisti
sensibili alla questione ecologica.
Andando a trovare Chris de Visser sul posto di lavoro ci si
trova a mezz’ora da Amsterdam: il paesaggio del Flevoland è caratterizzato da
ampi campi coltivati e da un numero relativamente basso di abitanti. Fino a una
sessantina di anni fa questa distesa di terreno non esisteva ancora; era il
fondale dell’IJsselmeer, ma da allora grandi parti di questa insenatura del
Mare del Nord sono state arginate e prosciugate, al fine di ottenere terreno
fertile sia per l’agricoltura sia per l’allevamento. L’Università di Wageningen
esegue ricerche per gli agricoltori che ivi sono insediati. Da questa attività
è nato un progetto focalizzato sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili,
che attualmente si occupa anche della generazione di biogas.
“L’intenzione era quella di compensare gli squilibri
ecologici che accompagnano un’agricoltura intensiva”, spiega il direttore del
progetto Chris de Visser, dell’Università di Wageningen. “La situazione risulta
chiara nel momento in cui si considera il quadro legislativo: mentre prima un
agricoltore poteva vendere al mercato il materiale organico di scarto prodotto
dai suoi animali e guadagnarci, ora ci rimette, sia a causa di diverse norme e
condizioni che influiscono negativamente sul prezzo sia perché deve pagare
qualcuno che lo prelevi. Quindi ha bisogno di utilizzarlo in altro modo, e
l’opzione principale è la fermentazione dei reflui zootecnici in biogas. La
nostra ricerca è incentrata su questo”. Pertanto l’Istituto dispone di una
stalla con circa 120 mucche proprio accanto agli edifici dell’amministrazione.
Dallo scarto al
calore, dal calore all’alcool
Il materiale di scarto organico prodotto dalle mucche viene
convogliato in due generatori, dove fermenta e genera biogas. Il gas a sua
volta alimenta un impianto di cogenerazione che origina calore e energia
elettrica. Con il calore in inverno vengono riscaldate le vasche per la
produzione di alghe, mentre l’energia elettrica viene riversata nella rete
tutto l’anno. “Però nei Paesi Bassi è molto meno vantaggioso che in Germania,
perché in Olanda l’energia elettrica da fonti rinnovabili non gode della
priorità di immissione in rete; inoltre il contributo per l’immissione in rete
si basa sul prezzo di mercato mentre in Germania viene determinato in base alla
quantità. Di conseguenza nei Paesi Bassi chi genera corrente elettrica riceve
un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quanto avviene in Germania”, spiega
de Visser.
Un’altra sfida è quella di sfruttare anche in estate il
calore generato, se non viene utilizzato diversamente. “Abbiamo costruito un
impianto dimostrativo per la distillazione di etanolo da biomasse. Il calore
prodotto dall’impianto di cogenerazione scinde il mais in proteine e amido, dal
quale produciamo etanolo con un tenore di alcool del 60%. Il prossimo passo
sarà ottenere un tenore di alcool del 99%, in modo da poter vendere il prodotto
finale a un buon prezzo come materia prima ad esempio all’industria chimica”,
afferma lo scienziato.
Alla fine le sovvenzioni fanno salire troppo il prezzo del
mais
I ricercatori si interessano anche dell’“altra” estremità
del processo di produzione, vale a dire delle materie prime. “Il biogas
ottenuto solamente dai reflui zootecnici non è economico”, spiega de Visser.
“Nello scarto organico bovino l’energia residua è insufficiente perché le
mucche, essendo ruminanti, sfruttano con estrema efficienza il contenuto
energetico del foraggio. Purtroppo ciò significa che in quello che espellono
resta poca energia”. Quindi è necessario trovare additivi idonei, come ad
esempio il mais.
Alla ricerca della
miscela giusta
L’Istituto ricerca anche altri additivi, concentrandosi su
rifiuti agricoli finora non sfruttati e ottenibili quasi a costo zero. Quindi
attorno ai due generatori di biogas sono raggruppati alcuni contenitori, poco
meno di una decina, per la raccolta di vari prodotti di scarto agricoli.
“Portiamo avanti diverse linee di ricerca per scoprire quali sostanze
fermentano meglio assieme al materiale organico di scarto bovino e in quale
rapporto di miscelazione”, spiega de Visser. “Al momento le foglie di
barbabietola da zucchero sembrano molto promettenti”. Queste foglie, che
durante la raccolta vengono lasciate a marcire nel campo, hanno un contenuto
energetico relativamente elevato e fermentano bene negli impianti per la
produzione di biogas. “Attualmente cerchiamo di capire, assieme ai nostri
partner del settore industriale, se prima della fermentazione possiamo separare
le proteine dalle foglie e far fermentare solo la parte restante. Inoltre,
siamo sempre alla ricerca di soluzioni che permettano uno sfruttamento proficuo
delle biomasse, indipendentemente dalla particolare natura delle stesse.”
Per l’Università è altrettanto importante la ricerca di un
prodotto finale di alto valore, ad esempio gas metano, ottenuto da fonti
biologiche adatto anche per il funzionamento di motori per autotrazione. Per
questo dall’anno scorso accanto all’impianto di cogenerazione si trova un
container al cui interno è attivo un impianto per la generazione di
biocarburante. “Il biogas ottenuto per fermentazione è una miscela di metano e
biossido di carbonio”, spiega Chris de Visser. “Perché sia utilizzabile come carburante
dobbiamo separare queste due sostanze. Questa separazione avviene all’interno
del container, dopodiché il metano viene stoccato in bombole e può essere
utilizzato per il rifornimento di autoveicoli, proprio come quello dei
distributori”.
Il sogno autarchico
Teoricamente in questo modo l’Istituto potrebbe essere
completamente indipendente dal punto di vista energetico. “Qui coltiviamo 1.200
ettari di terreno. Il nostro impianto fornisce 50 metri cubi di biogas e 27
metri cubi di metano biologico all’ora. In un anno sono 21.600 metri cubi,
molto più del consumo annuo delle nostre macchine; potremmo persino coprire il
picco di fabbisogno nel periodo del raccolto”, afferma il ricercatore. Però
difficoltà squisitamente pratiche mettono i bastoni tra le ruote: “Sulle
macchine agricole sono montati quasi esclusivamente motori Diesel, quindi si
dovrebbe procedere a una conversione molto costosa per farle funzionare a
metano”.
Il gas però è decisamente adatto come carburante per motori
a benzina. E non è tutto: può essere introdotto senza problemi nella rete del
metano. “Metano e biometano sono praticamente identici dal punto di vista
chimico; anzi, il metano biologico dell’impianto di Flevoland contiene persino
più metano del gas naturale proveniente dal sito produttivo di Groningen,
quindi ha un maggiore potere calorifico. Il processo di combustione di metano e
biometano è più pulito rispetto a quello della benzina, di conseguenza anche
più efficiente”, afferma Chris de Visser.
Infrastruttura
decentralizzata
E se ogni agricoltore avesse un proprio distributore di
biogas? “In singoli casi può essere un’opzione interessante. Sicuramente
dipenderebbe dalla posizione geografica; ad esempio sarebbe concepibile in zone
caratterizzate da un traffico favorevole”. Altrimenti? “Dal nostro punto di
vista in futuro l’utilizzo di biogas sarà caratterizzato dal decentramento,
diversamente dall’utilizzo di carburanti fossili” dice de Visser “che si basa
su un oleodotto al termine del quale c’è una raffineria che copre una domanda
interregionale se non addirittura nazionale. Nel caso di biogas e biometano
immaginiamo un processo differenziato: a seconda della posizione l’agricoltore
potrebbe vendere direttamente il gas prodotto oppure introdurlo nella rete”.
L’utilizzo decentralizzato avrebbe anche un altro vantaggio:
la creazione di un ciclo ecologico chiuso. “Attualmente il sostentamento
alimentare della popolazione mondiale deve far fronte a un problema ancora
insoluto, vale a dire la crescente scarsità di concimi minerali”, avvisa de
Visser. I concimi minerali sono costituiti essenzialmente da azoto e fosfato.
L’aria è costituita per due terzi da azoto, ma il processo di separazione,
anche se tecnicamente fattibile, è molto dispendioso in termini di energia. Il
fosfato invece si estrae esclusivamente dai minerali. Le scorte più facili da
sfruttare stanno diminuendo rapidamente, quindi gli specialisti avvisano che
presto sulla Terra il fosfato, così come il petrolio, potrebbe essere esaurito.
“In Africa negli ultimi dieci anni i contadini hanno visto decuplicarsi il
costo dei concimi fosfatati. Per molti i concimi minerali sono diventati
inaccessibili, per cui non li utilizzano quasi più. Di conseguenza prima o poi
il terreno si impoverirà e non crescerà più niente”, pronostica lo scienziato.
Recupero di sostanze
preziose
Fortunatamente la generazione di biogas segue la tendenza
opposta. “Durante la fermentazione i nitrati e i fosfati delle materie prime si
conservano completamente”, dice Chris de Visser, “non si perde quasi niente. Il
compito è quindi quello di mantenere più corta possibile la strada dalla
generazione di biogas alla concimazione”. Pertanto sui terreni dell’Istituto si
trova anche una serra per la produzione di alghe: “Dopo la fermentazione della
biomassa nel generatore resta quello che noi chiamiamo digestato, utilizzabile
come fertilizzante per la produzione di alghe. Se vogliamo, si tratta di
sfruttare il fenomeno di fioritura delle alghe che oggi si può osservare in
acque contenenti fertilizzanti in eccesso. Il nostro lavoro è fare in modo che
questo fenomeno avvenga in modo controllato”, dice lo scienziato.
Le alghe potrebbero essere utilizzate come mangime per il
bestiame. Il materiale organico di scarto prodotto nella stalla è arrivato al
generatore di biogas, il digestato rimasto nel generatore è stato utilizzato
come fertilizzante per coltivare le alghe e così via. Così il cerchio del
riciclo si chiude.
Gas anche dall’erba
Vi è poi un’altra banalissima, almeno al primo sguardo,
materia prima: l’erba. L’erba viene tagliata dappertutto in grande quantità,
che si tratti di giardini privati, di prati pubblici o di altre aree. Se il
privato può compostare l’erba tagliata del suo prato, per il pubblico questo è
fuori discussione semplicemente perché l’erba tagliata è troppa. “Attualmente
la maggior parte dell’erba tagliata viene smaltita come rifiuto”, afferma de
Visser, “ma si tratta di una fonte di energia preziosa”.
L’utilizzo di erba potrebbe tornare utile anche per
l’equilibrio ecologico, soprattutto in aree da proteggere: “L’eccesso di
fertilizzanti nelle acque è una realtà da noi nei Paesi Bassi ma anche da altre
parti, spesso in aree naturali protette dove scorrono acque freatiche e piovane
provenienti da aziende agricole che minacciano l’equilibrio ecologico, perché
l’eccesso di fertilizzanti genera un eccesso di biomasse. Di conseguenza in
queste zone i prati vengono tagliati di continuo, con una enorme quantità di
sfalcio. Sfalcio che, nel caso delle aree protette, contiene sostanze preziose
come fosfato e nitrato, quindi composti azotati”.
Il fattore costo diventa fonte di ricavo
“Se potessimo utilizzare l’erba tagliata per generare
biogas,” dice de Visser, “uno degli effetti secondari più graditi sarebbe il
recupero di queste sostanze fertilizzanti, dato che rimangono nel digestato.
L’utilizzo dell’erba tagliata potrebbe persino rendere più economica la
costruzione e la manutenzione delle strade. In che modo? Oggi, quando il nostro
governo appalta la costruzione e la manutenzione di una strada a un’impresa, di
norma il contratto comprende anche la falciatura dell’erba ai bordi della
strada. Attualmente per l’impresa questo è esclusivamente un fattore di costo,
infatti oltre a non utilizzare l’erba tagliata deve pagare per il lavoro di
falciatura e per lo smaltimento”.
La generazione di biogas dall’erba tagliata potrebbe
trasformare il fattore di costo in fonte di ricavo. Cosa deve succedere perché
ciò accada? “L’erba è costituita, oltre che da proteine e altre sostanze, anche
da cellulosa parzialmente lignificata. La fermentazione in biogas si basa sul
fatto che i batteri possono scomporre la cellulosa. Al momento in laboratorio
ciò è possibile in diversi modi: cuocendo l’erba, esponendola quindi a
temperatura e pressione elevate, trattandola con acidi o anche con enzimi. Noi
stiamo sviluppando questi metodi come processi pilota sulla strada verso un uso
industriale”.
Soluzioni industriali
fra tre-quattro anni
Ma quanto si avvicina tutto questo alla realtà? “Il nostro
compito è sviluppare progetti, soluzioni campione”, dice Chris de Visser.
“Dobbiamo dimostrare che questi progetti possono avere applicazioni economiche,
quindi non è sufficiente limitarsi a ottimizzarli in laboratorio. Perché un
processo possa essere utilizzato economicamente deve essere, come si dice,
scalabile; vale a dire che deve essere valido anche in funzione di diverse
quantità. Per questo il nostro Istituto di ricerca agricolo conduce le sue
ricerche in impianti che, pur essendo leggermente più piccoli rispetto a quelli
di una fattoria media, possono essere equiparabili”.
Secondo de Visser fra tre-quattro anni il suo Istituto sarà
in grado di dimostrare l’economicità dei processi più importanti attualmente in
fase di ricerca. “A quel punto ci aspettiamo che le imprese siano pronte a
investire. Noi ci teniamo in costante contatto con i partner del settore
energetico, non solo per il lavoro sul biogas ma anche per quello sull’energia
eolica: sui nostri terreni sono installati sedici diversi modelli di pale
eoliche che vengono studiati in funzionamento continuato per determinarne
l’economicità”.
Economicità distorta
a livello statale
Cosa chiederebbe un ricercatore alla politica? “Sarebbe
bello se il legislatore verificasse la politica delle sovvenzioni, che
impigriscono e ostacolano l’innovazione. Sarebbe bello se lo Stato ci
garantisse più pari opportunità per le nostre ricerche sul biocarburante. Nei
Paesi Bassi già il 10% di tutte le auto viaggia a metano. In teoria qualsiasi
motore benzina potrebbe funzionare anche con alimentazione a metano biologico,
e se fosse gas da biomasse si tratterebbe di un combustibile climaticamente
neutro. Inoltre la tecnologia è disponibile già da subito: una grande
differenza rispetto ai tempi passati!”.
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