Milano, 21 marzo 2013, Politecnico Campus
Bovisa Facoltà del Design
Le strategie per combattere la
fame nel mondo sono
state al centro di
un incontro alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano, nell'ambito delle celebrazioni dell'Anno
Internazionale della Quinoa, pseudocerale andino scelto dalla FAO come simbolo
della biodiversità e come alimento strategico per la sicurezza alimentare nel
mondo.
Promossa dal Consolato del Guatemala in Vicenza, la conferenza era rivolta agli
studenti di Design degli Interni (Campus Bovisa) incaricati di progettare uno
spazio espositivo su questi temi.
“Vogliamo che gli studenti di architettura
ricevano stimoli anche da altre discipline, siano aperti ai problemi sociali di
oggi, oltre i confini del nostro paese,” ha dichiarato l'Architetto Andrea Cavagnolo organizzatore dell'incontro, “La
scorsa settimana abbiamo affrontato con gli studenti il terribile tema della
violenza sulle donne, proprio perché crediamo che il loro lavoro debba essere
collegato ai temi della realtà in cui vivono e non sia solo un semplice
esercizio tecnico.”
La biologa Maria Luisa Corno ha spiegato che quinoa ed amaranto, coltivati da millenni dai popoli originari dell'America Latina, potrebbero essere i cibi del futuro grazie al loro elevato contenuto di proteine, di calcio, di vitamine e di antiossidanti. In particolare l'elevato contenuto di lisina e di altri amminoacidi essenziali per l'alimentazione umana, superiore a quello dei cereali, dei legumi e della soia, li rende paragonabili al latte e alle uovo.
Inoltre,
i semi sono privi
di glutine e quindi
sono perfetti per chi
soffre di celiachia o
anche più semplicemente di
sensibilità al glutine.
Della
quinoa e dell'amaranto
si possono anche consumare
le foglie, simili a
spinaci e ricavare altri
prodotti di interesse industriale (olio, saponina, coloranti, biomassa dai
residui).
La quinoa
è stata scelta dalla FAO come pianta strategica non solo perché capace di
produrre cibo di qualità, ma anche per la grande variabilità genetica che si è
prodotta in modo naturale e spontaneo durante millenni, per l'adattabilità a
climi e terreni diversi e per i bassi costi di produzione.
Già la NASA nel 1993 aveva scelto quinoa e amaranto come piante ideali
per la coltivazione nello spazio.
I paesi di maggior
produzione della quinoa sono Bolivia, Perù, Ecuador e Cile, ma è diffusa in
tutta l'America Latina. Da alcuni anni è coltivata anche negli USA, in Canada
de in Europa, soprattutto in Inghilterra e in Francia. I contadini della Valle
della Loira sono passati dalla coltivazione di solo frumento alla rotazione con
la quinoa, con benefici per i terreni e per le loro tasche (la quinoa spunta
prezzi almeno 4 volte maggiori rispetto a quelli del grano e richiede meno
chimica).
Purtroppo il boom
internazionale della quinoa, passata da semplice cibo andino a sofisticato
alimento dell'alta cucina de iniziato dopo le epidemie di Muzza Pazza, quando
si cercavano sostituti alla carne, en ha fatto schizzare in alto le quotazioni.
Il prezzo è triplicato in sei anni.
La conseguenza è che i coltivatori
andini preferiscono vendere la quinoa per l'esportazione e i consumi locali
sono dimuniti. Vero è che la quinoa rappresenta una sicura fonte di ingressi
per le migliaia di piccoli agricoltori che la coltivano ancora con i metodi
tradizionali, senza alcun utilizzo di
prodotti chimici e rigorasamente a mano sulle ripide pendici dei vulcani a 4000
metri di altezza, ma altrettanto vero è che la dieta dei loro connazionali si è
impoverita.
Dichiarando il 2013, Anno
Internazionale della Quinoa, la FAO ha voluto dare un riconoscimento ai popoli
originari di America che hanno protetto e conservato per millenni le loro
colture in armonia con la natura, nonostante i divieti imposti dai
conquistatori spagnoli.
La FAO si propone anche di attirare
l'attenzione mondiale sull'importanza delle biodiversità in agricoltura. Il 95%
dell'alimentazione umana è costituita oggi da una cinquantina di specie
vegetali,mentre sono più di 12.000 quelle classificate commestibili. La rapida
estizione di animali e piante in agricoltura debe essere arrestata. Solo in
Italia si stima che negli ultimi 50 anni siano scomparse 1500 varietà di
frutta.
La Rivoluzione Verde, introdotta in
molti paesi in via di sviluppo negli anni '60, ha sì aumentato la disponibilità
di cibo procapite, ma ha anche provocato gravi danni all'ambiente dovuti
all'uso intensivo di sostanze chimiche, l'erosione e l'impoverimento dei suoli,
e soprattutto la perdita della diversità alimentare.
Secono gli ultimi dati della FAO sono
870 milioni le persone che nel mondo soffrono di fame o di malnutrizione
cronica, il 12,5% della popolazione mondiale. E non si tratta solo di terzo
mondo: di queste,16 milioni sono nei paesi sviluppati. Purtroppo, nonostante
gli sforzi compiuti, negli utlimi anni questa percentuale è rimasta costante e
se non si ripensano drasticamente i metodi di coltivazione non si riuscirà mai
a sfamare il pianeta.
I progetti della
FAO nei paesi in via di sviluppo mirano
ad aiutare i piccoli agricoltori
e le cooperative a migliorare le
loro tecniche produttive e
a sviluppare una efficiente filiera
commerciale. “Un progetto della
FAO iniziato sei anni
fa nelle terre alte
del Quiché in Guatemala
ha dato risultati molto
positivi”, ha spiegato Sergio
Morales Sosa, Console del
Guatemala, “Oggi i contadini
Quiché uniti in cooperative
riescono a vendere con
buoni profitti i loro prodotti
ortofrutticoli, perché soddisfano tutti
i requisiti necessari per l'esportazione verso gli USA e
l'Asia.”
Il modello “Quiché” è
stato poi adottatto dalla
FAO anche in altri
paesi, come Guinea Bissau, Mali,
Senegal e Sierra Leone.
Scopo di questi progetti
è conservare la agrobiodiversità locale
e aiutare i contadini
a far arrivare sul
mercato i loro prodotti.
L'obiettivo strategico della FAO, infatti,
va oltre il concetto di sicurezza alimentare (fornire nutrizione a tutti senza
badare dove e come il cibo viene prodotto) e a medio e lungo termine è quello della sovranità
alimentare, vale a dire
il diritto di ogni popolo a produrre il proprio cibo in modo sostenibile ed in
armonia con la sua cultura e tradizioni.
La sovranità alimentare è il principale
elemento della politica agricola attuale, perché attraverso le coltivazioni per
uso locale si rispetta la biodiversità e si raggiunge l'inidpendenza
alimentare. Oggi la tendenza è anche quella di
recuperare le specie tradizionali, di studiare le varietà neglette e
sottoutilizzate, selezionando e proponendo specie adatte a territori difficili
e marginali.
L'agricoltura su piccola scala,
il consumo sostenibile di
prodotti locali, la riscoperta
di varietà antiche e
tradizionali fanno parte della
strategia FAO verso la
sovranità alimentare.
Si tratta di un
circolo virtuoso: recuperare e studiare le coltivazioni tradizionali nel
rispetto dell'ambiente, supportare
tecnicamente la produzione locale,
creare il collegamento al
mercato per accrescere i
ricavi dei piccoli agricoltori.
i pochi articoli che non copia almeno li rilegga...
RispondiEliminaEhi, saputello del cazzo!!!! Almeno abbi il coraggio di firmarti e precisare a cosa ti riferisci in particolare!!! Nessuno ti obblga a leggere sul mio blog. Ciao, anonimo
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