lunedì 29 dicembre 2025

Sicurezza stradale sul lavoro, l’allarme dell’ETSC: “Così si possono salvare moltissime vite”

In Europa morire sulla strada per lavoro è ancora una tragedia troppo spesso invisibile. Secondo Eurostat, tra il 2020 e il 2022 gli incidenti stradali correlati al lavoro hanno causato oltre 2.900 vittime l’anno nell’Unione europea. Ma per l’European Transport Safety Council (ETSC) il dato è ampiamente sottostimato, perché fondato su definizioni diverse, banche dati non collegate e informazioni incomplete.

È da questa constatazione che nasce il nuovo Rapporto PIN Flash 49, con dieci proposte operative rivolte alle istituzioni europee e ai governi nazionali per ridurre in modo strutturale morti e feriti sulle strade legati all’attività lavorativa.

Un fenomeno che pesa fino al 42% delle vittime

L’analisi ETSC su 16 Paesi del gruppo PIN mostra che le morti stradali correlate al lavoro rappresentano dal 2% al 42%di tutti i decessi su strada, a seconda delle definizioni adottate. La Francia arriva al 42%, l’Irlanda al 29%, l’Italia al 16%, la Germania al 10%. Un’incidenza che conferma come il rischio non riguardi solo gli autisti professionisti, ma anche chi lavora su strada, i pendolari e i cosiddetti “terzi”: in pratica, chiunque.

“Le morti sulle strade correlate al lavoro sono un fallimento sistemico che l’Europa continua a ignorare - avverte Antonio Avenoso, direttore esecutivo ETSC - Autisti, motociclisti e cittadini muoiono perché il rischio stradale viene trattato come un problema di altri. Serve leadership politica”.


 Dati frammentati, politiche deboli

Il nodo centrale è informativo. In molti Paesi UE manca una definizione nazionale di incidente stradale correlato al lavoro; meno della metà registra lo scopo del viaggio nei rilievi di polizia. I dati di forze dell’ordine, sistemi di salute e sicurezza sul lavoro, assicurazioni e medici legali restano scollegati. Il risultato è un quadro frammentato che oscura cause e soluzioni.

Anche in Italia, dove gli infortuni sono rilevati dall’INAIL (in occasione di lavoro e in itinere), le cifre risentono di un mix di fonti non integrate, con inevitabili distorsioni.

Le dieci mosse per cambiare passo

L’ETSC chiede all’UE (punti 1-6) e ai governi nazionali (7-10) un cambio di paradigma:

1. Definizione comune europea di incidente stradale correlato al lavoro.

2. Estensione del CADaS UE per includere lo scopo del viaggio di tutti gli utenti, anche pedoni e ciclisti.

3. Gestione della sicurezza stradale sul lavoro e flotte aziendali con veicoli 5 stelle EuroNCAP.

4. Stop all’uso del cellulare alla guida, soprattutto per motivi di lavoro.

5. Inserire i “lavoratori sicuri” nella clausola sociale degli appalti pubblici UE.

6. Rafforzare la comunicazione dati a CARE ed Eurostat.

7. Definizioni e raccolta dati annuale a livello nazionale.

8. Integrazione dei sistemi informativi (polizia, SSL, medicina legale).

9. Valutazioni obbligatorie del rischio stradale per i datori di lavoro, secondo il Safe System.

10. Leadership del settore pubblico, anche negli acquisti di flotte sicure.

Dal pendolarismo alle flotte: una priorità industriale

Gli spostamenti casa-lavoro restano uno dei momenti più rischiosi della giornata lavorativa europea, mentre le responsabilità dei datori di lavoro variano da Paese a Paese e spesso non coprono esplicitamente la guida per lavoro. Per l’ETSC, senza dati affidabili e obblighi chiari, la prevenzione resta inefficace.

La sicurezza stradale sul lavoro non è solo un tema sociale: è una priorità economica e industriale. Ridurre i rischi significa salvare vite, ma anche contenere costi, assenze e contenziosi. La strada, oggi, passa da regole comuni e scelte politiche misurabili.

 

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