Auto aziendali in fringe benefit: nella Legge di Bilancio
una proposta vessatoria a danno dei lavoratori e di tutto il settore.
Si colpisce la retribuzione salariale del personale, si
aumenta l’imponibile contributivo e l’onere per il TFR a carico delle aziende,
si colpisce il rinnovo del parco circolante e il mercato delle vetture
elettrificate a zero o basse emissioni. Un salto indietro di decenni che ci
allontana ulteriormente dagli standard europei, con un’auto aziendale già
penalizzata in termini di detraibilità e di deducibilità.
Contrariamente ai luoghi comuni ampiamente diffusi, l’auto
aziendale non è un privilegio per ricchi, ma un vero strumento di lavoro, in
alcuni casi insostituibile; prova ne sia il fatto che circa il 72% del mercato
è composto dai segmenti più bassi (A, B, C) non certo da supercar.
Questa proposta legislativa, inoltre, influirebbe anche
sulle aziende, per le quali aumenterebbe l’imponibile contributivo e l’onere
per il TFR, penalizzandole ulteriormente nell’agone competitivo europeo.
In definitiva, verrebbe azzerato l’appeal fiscale e
contributivo oggi presente in caso di assegnazione di auto in uso promiscuo a
dipendenti. Ne deriverebbe il collasso del mercato delle auto aziendali, con
conseguenze deleterie sulla capacità di rinnovare il parco circolante (nei
Paesi Europei in cui la fiscalità dell’auto aziendale è migliore, l’età media
del parco è decisamente più bassa) e sulle produzioni nazionali.
In particolare, tale misura agirebbe in modo negativo anche
sul mercato delle vetture a zero o basse emissioni, la cui diffusione è alla
base dell’Ecobonus introdotto lo scorso anno, contraddicendo la volontà del
Governo di dare vita a un ‘Green New Deal’. Il mercato delle auto aziendali,
comprese quelle assegnate ai dipendenti, rappresenta un canale fondamentale per
la crescita delle vetture elettrificate e questo provvedimento eliminerebbe del
tutto tale possibilità.
La conseguenza reale sarebbe un ritorno da parte delle
aziende a prassi ormai anacronistiche, quali il rimborso chilometrico e quello
forfettario ai dipendenti per l’utilizzo della loro auto privata: una pratica
che non garantisce la sicurezza stradale, la sostenibilità ambientale e la
compliance fiscale.
Non da ultimo, un provvedimento siffatto suscita seri dubbi
di legittimità: portare la percentuale dal 30% al 100% equivale di fatto a
sostenere che la vettura sia utilizzata esclusivamente ad uso personale, e
determinerebbe un esorbitante e iniquo aumento della tassazione a carico del
dipendente.
Attualmente, infatti, l’assegnazione della vettura ai
dipendenti in uso promiscuo determina un compenso assoggettato a tassazione,
calcolato in modo forfettario, tenendo conto di una percorrenza convenzionale
annua di 15.000 km, di un costo chilometrico definito da tabella ACI e di una
percentuale di utilizzo “ad uso personale” del 30%. La ratio della norma finora
applicata tiene conto del fatto che su sette giorni alla settimana, la vettura
viene normalmente utilizzata cinque giorni a fini lavorativi e due giorni per
uso personale. L’uso personale (circa il 30%) è appunto quello soggetto a
tassazione.
Le scriventi Associazioni, pertanto, fanno appello al
Governo affinché ritiri immediatamente tale proposta, e provveda invece ad
introdurre disposizioni concrete ed efficaci per agevolare la transizione
energetica del settore automotive e lo svecchiamento del parco circolante,
ormai non più rinviabili.
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