Nata a Monza nel 1923 come esposizione internazionale delle
arti decorative e trasferita a Milano dieci anni più tardi, la Triennale
divenne immediatamente -ed è tuttora- uno degli eventi più importanti nel
panorama artistico mondiale.
Il Palazzo dell'Arte,
realizzato dall'architetto Giovanni
Muzio nel più puro spirito razionalista, offre nel centro di Milano oltre
dodicimila metri quadri di sale e spazi, dove curatori del calibro di Mario
Sironi o Gio Ponti, hanno selezionato, attorno a temi specifici, le migliori
opere per esposizioni di assoluto prestigio dedicate, negli anni, a lavori di De Chirico, dello stesso Sironi, Pomodoro,
Burri, Martini e Fontana.
Flaminio Bertoni
aveva sempre desiderato esporre sue opere pittoriche o scultoree alla
Triennale, ma ogni suo tentativo cadde nel vuoto e mai i suoi lavori presero
parte alla prestigiosa esposizione. Con una preziosa eccezione.
Nel 1957, come ogni
anno, Bertoni trascorse le sue vacanze estive nella natia Varese, dove
vivevano molti suoi amici e maestri. Al momento di tornare a Parigi, decise di
fare una piccola deviazione e di visitare la Triennale del 1957, dedicata -tra
l’altro- al rapporto tra tecnologia e design ed in particolare al design
industriale.
Immaginate lo stupore di Flaminio Bertoni nel trovare
esposta una sua opera professionale qual era indubbiamente la DS19.
La vettura era lì, in cima ad un piedistallo, priva di ruote
(Bertoni aveva scherzosamente rimproverato il centro studi per aver “messo le
ruote” alla “sua” DS19), carenata, come un’astronave in fase di decollo.
Lui, Bertoni, non sapeva nulla, ma Citroën (pare su invito dello stesso Giò Ponti, il celebre
architetto) aveva deciso di arredare una parte del padiglione dedicato alla
Francia con questa vettura, la DS19 così esposta dominava un ambiente
tappezzato di disegni tecnici, foto ed elementi costruttivi della vettura, come
parafanghi, cofani e l'eccezionale volante monorazza.
La giuria della Triennale volle inoltre conferire a quell'automobile
che sembrava arrivare da un altro pianeta uno specialissimo riconoscimento: il
“diploma di gran merito”, sottoscritto personalmente dal professor Guglielmo De
Angelis D'Ossat, presidente della giuria superiore e da Ivan Matteo Lombardo,
Presidente della Triennale.
La presenza della
DS19 in Triennale non era del tutto inattesa: già nel gennaio del 1957, in
occasione di una sua visita a Parigi, l'architetto Giò Ponti aveva pronunciato
queste parole: “voglio sottolineare l'ammirazione che noi altri, italiani,
proviamo per l'ultima nata tra le vetture francesi: la DS19. Questa vettura ha
il coraggio d'essere una macchina sincera. Lei non cerca, come i prodotti di
scuola americana, di sedurre l'acquirente con garbugli policromi, abbondanza di
cromature, sforzi per mascherare tutto. La scuola europea segue la tecnica.”
In queste parole del grande architetto milanese si possono
già leggere le ragioni che portarono la giuria della Triennale a premiare la
DS19: estetica non fine a sé stessa, ma forme funzionali, ergonomiche ed
equilibrate. La DS19 è bella perché è funzionale o, per dirla con Pierre Capal
di “Constellation”, “la vettura funzionale, razionale, ha trovato una sua
estetica”.
Un premio di questa importanza, assegnato per la prima volta
ad un’automobile, portò a delle conseguenze: per prima cosa, la DS19 venne
esposta nella stessa maniera a vari eventi internazionali ed anche nella
vetrina-cult della Marca, al 42 degli Champs Elysées. Poi nel 1959 Citroën donò
alla più importante e prestigiosa istituzione italiana legata alla storia
dell’automobile, ovvero il Museo dell’Auto di Torino, la maquette di una DS19
su un piedistallo simile a quello della Triennale.
L’auto non ha mai più lasciato le belle sale del Museo
dell’Auto italiano ed oggi ha ritrovato anche un piedistallo simile
all’originale dove fa bella mostra di sé. In onore agli uomini geniali che la
pensarono e la costruirono tra cui spicca, indimenticabile, il genio italiano
di Flaminio Bertoni.
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